C'è
quello di Madre Teresa di Calcutta e di migliaia di religiosi e laici impegnati
ogni giorno, in tutto il mondo, con gli ultimi e i più poveri e c'è quello di chi
"sporca" la Chiesa e la sua credibilità con buffet riservati a vip.
Peraltro in un contesto - quello della canonizzazione di Giovanni XXIII e
Giovanni Paolo II - che doveva nutrire l'anima più che il corpo.
La
notizia della platea per i vip sul terrazzo del palazzo della Prefettura degli
Affari Economici stride con una "Chiesa povera e per i poveri", con
quell'idea di Chiesa, di società e di fratellanza auspicata da papa Francesco,
con quella misericordia che faccia dissolvere le bolle del futile che nutrono
l'indifferenza e che ci hanno fatto perdere il "senso della responsabilità
fraterna" e "la capacità di piangere" per gli altri.
L'omelia
di papa Francesco pronunciata a luglio dell'anno scorso a Lampedusa ha
rappresentato un momento di forte richiamo a tutti noi per una rivisitazione
delle nostre vite che non possono correre sui binari dell'individualismo e
dell'egoismo, bensì fermarsi nelle stazioni dei disagi e delle sofferenze, per
aiutare coloro che si trovano in difficoltà ma anche - se ci pensiamo bene -
per aiutare noi stessi a essere uomini e donne coerenti.
Quelle
parole sembrano essersi infrante su quella terrazza panoramica del Vaticano,
contro lo scoglio dei privilegi di chi, appartenendo a una elite nelle sue
differenti diramazioni, è abituato ad avere una corsia preferenziale, anche in
un evento di fede, snaturandone persino l'alto valore simbolico e spirituale.
Non
riesco a coniugare i momenti di profonda devozione che hanno vissuto la piazza
e le strade attigue a San Pietro (popolate da coloro che dopo ore e ore in
piedi non sono neppure riusciti ad avvicinarsi) con quel tintinnio di
bicchieri, come si trattasse di una festa qualsiasi.
Saranno
gli organismi preposti a verificare chi sono stati i promotori dell'iniziativa,
i finanziatori, chi ha fatto partire gli inviti, chi ha avuto la pessima idea
di abbinare al parterre in sedie bianche pure il buffet, in quello stridente accostamento
di sacro e profano.

Un
metodo vecchio che va contro la corrente di grande innovazione dimostrata da
una Chiesa sempre capace di rinnovarsi, intenzionata a far comprendere come
stare arroccati su posizioni di potere sia fuori tempo e tanto lontano dal
regno di Cristo. Quanto ci ha insegnato in questo la rinuncia di papa Benedetto
XVI e quanto gli appelli di papa Francesco che adesso, essendo il pontefice
regnante, dovrà risolvere anche queste situazioni non secondarie ai fini
dell'immagine e della credibilità della Chiesa.
L'unica
strada sarà quella di fare luce sui promotori del "santo buffet" e sicuramente
papa Francesco, così attento al tema della povertà, troverà il modo e il
coraggio di risolvere questo increscioso episodio alla radice.
Se lo
aspettano quanti erano accalcati da sabato in quella piazza per condividere un
momento di fede; se lo aspettano quanti hanno letto sorpresi e indignati le
cronache di questi giorni; se lo aspetta la Chiesa quella vera, di periferia,
quella che sta con gli ultimi perché prende alla parola il Vangelo e lo
testimonia ogni giorno attraverso preghiere e opere concrete, non fra tartine e
calici di vini su una terrazza vaticana.
Articolo pubblicato da LPL News 24
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