"Dov’è
tuo fratello?" chiede Dio a Caino e la stessa domanda la pone papa
Francesco da Lampedusa a tutti noi, interrogando le coscienze di ognuno,
impegnate a rincorrere il potere e assopite dalla cultura del benessere che
"ci fa vivere in bolle di sapone, che sono belle, ma non sono nulla, sono
l’illusione del futile, del provvisorio, che porta all’indifferenza verso gli
altri, anzi porta alla globalizzazione dell’indifferenza".
Il
primo viaggio apostolico di papa Francesco proprio a Lampedusa, periferia
dell'Europa dove attraccano e spesso si infrangono vite e speranze per un
futuro degno di questo nome, si pone sulla perfetta scia del messaggio di
questo pontefice innamorato degli ultimi, proprio come Cristo.
Un
viaggio di qualche ora ma che ha racchiuso in sé molto più di una visita anche
perché si è trattato di un cammino nel cuore della sofferenza e della
solidarietà. Lontano dalle procedure classiche dei cerimoniali (niente codazzi
istituzionali), papa Francesco è attraccato a Lampedusa su una motovedetta
della Guardia Costiera, "scortato" da numerose imbarcazioni di
pescatori. Proprio in mezzo a quelle acque ha lanciato in mare una corona di
crisantemi bianchi e gialli, a ricordo di quelle migliaia e migliaia di vittime
- si parla addirittura di ventimila - morte durante le frequenti e disperate
traversate.
Prima
di salire su una campagnola bianca, messa a disposizione da un abitante
dell'isola, Francesco ha incontrato un gruppo di immigrati, leggendo di sguardo
in sguardo il dramma di quei giovani fuggiti dalla fame, sia quella causata
dalla povertà che da quella delle libertà fondamentali negate. E lo sguardo di
tenerezza, che abbiamo imparato a conoscere nei suoi incontri con gli ultimi
della società e i sofferenti, è stato senz'altro consolatore e incoraggiante.
Un
viaggio alla periferia dell'Europa, dove attraccano disperazione e speranze,
dove migliaia di persone sono sparite non solo tra quei flutti ma pure
nell'indifferenza del mondo intero, sordo a un dramma lungo e senza fine,
fronteggiato con la forza della solidarietà dagli abitanti, sostenuti da
volontari e forze dell'ordine che, negli anni, hanno tratto in salvo migliaia
di persone. A tutti loro si è rivolto, più volte, papa Francesco,
ringraziandoli per "l'esempio di amore, di carità e di accoglienza",
per la loro "testimonianza e tenerezza".
Papa
Francesco è giunto a Lampedusa per quella "spina nel cuore che porta
sofferenza", ovvero la notizia recente della morte di altri immigrati. Un
viaggio deciso in fretta e furia, appena una settimana fa, con il desiderio di
venire in questa periferia estrema "per pregare, a compiere un gesto
di vicinanza, ma anche a risvegliare
le nostre coscienze".
La
preghiera di papa Francesco si
leggeva già nello sguardo con cui ascoltava il racconto delle sofferenze da
parte degli immigrati ai quali ha assicurato di pregare "per voi e per
tutti quelli che non ce l'hanno fatta" e sono tanti, un numero indefinito
così come le loro identità, alcuni recuperati altri sepolti sul fondale di quel
mare azzurro.
La
vicinanza del papa ha parlato
attraverso quei gesti, ormai familiari, di contatto e di attenzione verso
ognuno, in quel bagno di folla che ha visto la campagnola immersa in un flusso
gioioso di persone, incuriosite dalla prima volta di un papa sull'isola ma,
soprattutto, attratte dall'amore che sa trasmettere Francesco in ogni gesto e
parola. Con quel saluto particolare agli immigrati: "un pensiero lo
rivolgo ai cari immigrati musulmani che stanno iniziando il digiuno di Ramadan,
con l’augurio di abbondanti frutti spirituali. La Chiesa vi è vicina nella
ricerca di una vita più dignitosa per voi e le vostre famiglie".
Ma
quello di cui c'è maggiore bisogno è il risvegliare
le coscienze alle quali papa Bergoglio ha dato, anche questa mattina, un
deciso strattone. Un richiamo con cui c'è da augurarsi che, prima o poi, si
riesca a destarci da questa bolla di insensibilità e assuefazione che sembra
rendere difficile ogni sussulto di indignazione verso vicende che si consumano
in modo direttamente proporzionale alla nostra indifferenza. A Lampedusa come
nelle nostre città, ovunque abbiamo smarrito il "senso della
responsabilità fraterna", tanto che "guardiamo il fratello mezzo
morto sul ciglio della strada - ha sottolineato Francesco - forse pensiamo
'poverino', e continuiamo per la nostra strada, non è compito nostro; e con
questo ci sentiamo a posto. La cultura del benessere, che ci porta a pensare a
noi stessi, ci rende insensibili alle grida degli altri", abituandoci di
fatto alla sofferenza altrui.
Il
richiamo è dunque di tornare ad ascoltare e di interrogarci sulle domande che
Dio pone ad Adamo - "Adamo, dove sei?" - e a Caino - "Caino,
dov'è tuo fratello?" - all'uomo che ha perso il suo posto nella creazione
e che pensa di diventare potente, tanto che "l’altro non è più il fratello
da amare, ma semplicemente l’altro che disturba la mia vita, il mio benessere",
creando una catena di sbagli e di morte macchiata dal sangue dei fratelli.
"Queste
due domande di Dio risuonano anche oggi, con tutta la loro forza! - ha detto
Francesco -, tanti di noi, mi includo anch’io, siamo disorientati, non siamo
più attenti al mondo in cui viviamo, non curiamo, non custodiamo quello che Dio
ha creato per tutti e non siamo più capaci neppure di custodirci gli uni gli
altri. E quando questo disorientamento assume le dimensioni del mondo, si
giunge a tragedie come quella a cui abbiamo assistito".
Senza
neppure più la capacità di piangere, di soffrire e di indignarci per cercare di
invertire la rotta anche perché nessuno avverte più il senso della
responsabilità.
"Chi
di noi ha pianto per questo fatto e per fatti come questo? - ha chiesto il papa
-, per la morte di questi fratelli e sorelle? Chi ha pianto per queste persone
che erano sulla barca? Per le giovani mamme che portavano i loro bambini? Per
questi uomini che desideravano qualcosa per sostenere le proprie famiglie?
Siamo una società che ha dimenticato l’esperienza del piangere, del 'patire
con': la globalizzazione dell’indifferenza!".
Una
cerimonia penitenziale, celebrata appunto con i paramenti viola, ma anche di
purificazione personale e collettiva, nella quale chiedere "perdono per
l’indifferenza verso tanti fratelli e sorelle", "per chi si è
accomodato, si è chiuso nel proprio benessere che porta all’anestesia del cuore",
"per coloro che con le loro decisioni a livello mondiale hanno creato
situazioni che conducono a questi drammi".
Articolo pubblicato da La Perfetta Letizia
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