Le porte delle reti sociali possono e devono spalancarsi dinanzi alla
verità e alla fede, divenendo non solo degli strumenti ma dei veri e propri
spazi relazionali e di evangelizzazione.
Il messaggio di papa Benedetto XVI per la 47ª Giornata mondiale delle
comunicazioni sociali (che sarà celebrata in tutto il mondo il prossimo 12
maggio) verte ancora una volta sul mondo digitale.
Segno della consapevolezza che gli uomini di oggi frequentano, contestualmente
alla vita reale, anche gli spazi di incontro della rete e che "l'ambiente
digitale - si legge nel messaggio - non è un mondo parallelo o puramente
virtuale, ma è parte della realtà quotidiana di molte persone, specialmente dei
più giovani".
Dopo aver affrontato il tema de "Il sacerdote e la pastorale nel
mondo digitale: i nuovi media al servizio della Parola" nel 2010, l'anno
successivo fu la volta di "Verità, annuncio e autenticità di vita nell’era
digitale" e l'anno scorso "Silenzio e Parola: cammino di
evangelizzazione".
Una vera e propria sfida, questa, a saper valorizzare il silenzio come
spazio utile per ascoltare se stessi e gli altri, sino a vedervi una parte integrante
della comunicazione.
Un passaggio necessario ed obbligato, persino propedeutico
all'utilizzo dei nuovi media: con l'immersione nel mondo digitale, capace di
proporre una moltitudine di stimoli, di proposte, di possibili legami
relazionali, è necessaria un'azione di discernimento. Una vera e propria opera
di conoscenza di noi stessi, utile ad approfondire il proprio pensiero, a comprendere
meglio ciò che vogliamo dire o ciò che ci attendiamo dagli altri. Un modo per
dare contenuto e verità alle parole.
Potremmo definire questi passaggi una sorta di vademecum di
colpevolezza per il navigatore che, nel messaggio per il 2013, papa Ratzinger
arricchisce con la raccomandazione ad agire con rispetto, attenzione della
privacy, responsabilità e dedizione alla verità.
Solo attraverso un uso serio della rete "lo scambio di
informazioni può diventare vera comunicazione, i collegamenti possono maturare
in amicizia, le connessioni agevolare la comunione".
E il presupposto per la creazione di rapporti veri e fecondi è
indubbiamente l'autenticità in quanto "in questi spazi non si condividono
solamente idee e informazioni ma in ultima istanza si comunica se stessi".
Non è la prima volta che il papa parla del problema delle false
identità in rete e questa volta sembra fare un passo in avanti, richiamando
l'utente a una maggiore consapevolezza: la rete non è una via di fuga dalla
quotidianità nella quale mistificare la propria soggettività, bensì un aspetto
intrinseco alla vita reale.
Una "parte del tessuto stesso della società", così il papa
definisce i network che uniscono le persone sulla base di "bisogni
fondamentali" come la costruzione di relazioni, la ricerca di risposte
alle proprie domande, il divertimento, lo stimolo intellettuale, la
condivisione di informazioni.
Da tempo è ormai evidente la "benedizione" di Benedetto XVI
ai nuovi strumenti offerti dalla rete, come dimostra la scelta della Chiesa di
stare via via al passo con le nuove proposte della tecnologia e come evidenzia
la presenza del papa su Twitter (@Pontifex), pulpito dal quale - da oltre due
mesi - "invia" tweet con parsimonia in verità ma sufficienti a dare
un chiaro segnale di presenza e di stimolo a utilizzare questi canali di
evangelizzazione.
Ma è indubbio che la volontà a stare nei new media e nella vorticosa
corrente della comunicazione non può far prescindere né tantomeno illudere su
una domanda: quanto i messaggi, inviati in questo mare magnum, giungano
effettivamente sulla terra ferma del pensiero e della presa di coscienza.
Ecco che la sostanza del messaggio finisce per vedersi superata in
diffusione e condivisione dalla popolarità a discapito della propria effettiva
rilevanza. "La popolarità - sottolinea il papa - è poi frequentemente
connessa alla celebrità o a strategie persuasive piuttosto che alla logica
dell'argomentazione. A volte, la voce discreta della ragione può essere
sovrastata dal rumore delle eccessive informazioni e non riesce a destare
l'attenzione che invece viene riservata a quanti si esprimono in maniera più
suadente".
Un dato di fatto che non può certo scoraggiare i nuovi discepoli
digitali, nella consapevolezza che la Parola di Dio - e la propria
testimonianza - devono essere portati ovunque, con i mezzi e i linguaggi propri
del tempo. Donando "se stessi agli altri - si legge - attraverso la
disponibilità a coinvolgersi pazientemente e con rispetto nelle loro domande e
nei loro dubbi, nel cammino di ricerca della verità e del senso dell'esistenza
umana".
Dunque un invito a utilizzare con sensibilità le reti sociali, come
forma di donazione, confronto e condivisione, senza lasciarsi scoraggiare dalle
grida che vi riecheggiano ma procedendo con la convinzione che "Elia
riconobbe la voce di Dio non nel vento impetuoso e gagliardo, né nel terremoto
o nel fuoco, ma nel «sussurro
di una brezza leggera»"
(1 Re 19, 11-12). (eli)
Nessun commento:
Posta un commento