giovedì 13 dicembre 2012

Benedetto Twitter!

@Pontifex su Twitter

Oltre 1 milione e 300mila followers con una scia di commenti trasversali a cattolici e agguerriti detrattori della Chiesa.
Il giorno dopo il primo tweet di @Pontifex Benedetto XVI riecheggiano ancora le valutazioni sulla scelta di creare un account su Twitter e di lanciare i messaggi (in otto lingue), inizialmente sulle catechesi del mercoledì ma con un prevedibile incremento della frequenza.
Ieri, nel corso dell'udienza generale, il primo tweet: "Cari amici, è con gioia che mi unisco a voi via twitter. Grazie per la vostra generosa risposta. Vi benedico tutti di cuore". Una benedizione in 124 caratteri arrivata in ogni angolo del mondo, cui sono seguiti altri tre tweet contenenti le risposte alle domande giunte sul tema della fede. 

Si è detto tutto e di tutto, a partire dalla non "autenticità" dei tweet nel senso che, al di là del dito che ha sfiorato ieri timidamente il tablet, non sarà certo Benedetto XVI a gestire personalmente il suo account ma spetterà al suo staff estrapolare quei 140 caratteri dalle sue riflessioni e discorsi.
Un falso problema come quello dell'assenza di followings considerato che il papa non seguirà alcuno, non sarà chiamato a retwittare, a rispondere o a tirare in ballo altri.
Il polso della rete e dei social network si può tastare in tanti altri modi e la possibilità di inviare domande ad #askpontifex è stato sicuramente un sistema coraggioso di aprire le porte alle correnti d'aria esterne, anche a quelle più burrascose, anche a quelle che rivelano spesso l'orizzonte cupo della mancanza di rispetto per gli altri.
Credo che quella valanga di domande, di testimonianze di affetto ma anche di offese siano un bagaglio prezioso per conoscere cosa viaggia nella rete, cosa si cela dietro a tanti nomi e pseudonimi, a quegli slogan gridati, quanta capacità c'è di coltivare una dimensione interiore e di elaborare, là dentro, il proprio ruolo nel mondo reale.
É anche vero che siamo, noi italiani, un popolo di burloni e sicuramente diversi tweet elegantemente dissacranti hanno provocato pure sorrisi e battute.
Ma la portata dello sbarco su Twitter ha una grande valenza di fondo, ovvero l'apertura della Chiesa alle nuove opportunità offerte dalla tecnologia, i nuovi spazi sociali di incontro, confronto e aggregazione. Velocità e quantità dei messaggi sono elevatissimi, la sfida di ognuno non è quindi quella di essere più o meno presente ma di calarsi in quel flusso comunicativo riuscendo a tenere salda la mano sul timone della propria personalità.
Una prova di forza per afferrare quanto utile al proprio arricchimento, per stringere nuovi rapporti veri, per cogliere il messaggio nella sua essenzialità, senza lasciarlo calpestare dalla successiva valanga di tweet ma sapendolo coltivare nei propri spazi interiori e di vita reale.
Solo se saremo capaci di fare questo i nostri followings - papa compreso - saranno utili alla nostra crescita.
C'è ancora un altro aspetto che merita una riflessione ed è la ricaduta di questa scelta sulla visione dei social network e sul loro diretto utilizzo anche da parte dei religiosi.
In Twitter sono già presenti otto cardinali: Gianfranco Ravasi, Angelo Scola, Dom Odilo Pedro Scherer, Sean Patrick O'Malley, Wilfrid Fox Napier, Timothy Michael Dolan, Lluís Martínez Sistach e Rubén Salazar Gómez, qualche vescovo, numerosi sacerdoti con una maggiore e naturale frequenza dei giovani avvezzi alle nuove tecnologie.
Quello che mi è apparso rilevante è la spinta a mettersi in gioco da parte di coloro che non sono nativi digitali, che non frequentano i social network ma che hanno interpretato la scelta del papa come un invito ad affrontare questa avventura, per testimoniare una Chiesa capace di cogliere le nuove opportunità e di parlare all'uomo e con l'uomo in ogni contesto.
In fondo il cristianesimo è anche la religione del coraggio, del dialogo, della comunicazione.
Ho assistito direttamente a queste riflessioni e valutazioni, in bilico tra la consapevolezza che si trattasse di un esplicito richiamo rivolto a ciascuno, anche ai religiosi, e il timore per un mezzo non abituale che impone riflessioni di metodo, di opportunità e organizzative.
Su questa strada si è incamminato anche padre Domenico Paoletti, preside della Pontificia Facoltà teologica "San Bonaventura" Seraphicum, frate minore conventuale, docente di teologia fondamentale e da ieri in Twitter come @fraterdominicus. 
"Non sono mai stato presente sui social network - spiega - e sinceramente non so se avrei mai fatto questo passo così lontano dalle mie abitudini e dai miei impegni ecclesiali e accademici. Al di là dei tanti e diversificati commenti di questi giorni, ho interpretato la scelta di papa Benedetto come un invito, forse un vero e proprio richiamo, a seguirlo come un semplice e umile lavoratore nella vigna mediatica".
Un luogo che rivoluziona anche l'approccio alla trasmissione della Parola: niente autorevolezza spettante all'oratore solo per l'abito che indossa ma uno spazio paritario nel quale l'attenzione deve essere conquistata con il valore del proprio pensiero e delle proprie parole.
Anche se non basta, proprio la fluidità di questo ambiente digitale comporta la proliferazione di quei comportamenti improntati alla derisione, all'offesa e alla provocazione.
Un'altra sfida da affrontare ma, come detto, il cristianesimo abbonda di coraggio e ogni tempo ha avuto le sue persecuzioni.
Ma la differenza rispetto a quei poveri provocatori sta nel coraggio di esporsi anche ai loro attacchi, spesso volgari, sta nel mettere sul tavolo il proprio pensiero e il proprio credo senza timore, forti di quell'amore che i cristiani sono pronti a testimoniare anche in rete. (eli)



da http://raivaticano.blog.rai.it/2012/12/13/benedetto-twitter/

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