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@Pontifex su Twitter |
Oltre
1 milione e 300mila followers con una scia di commenti trasversali a cattolici
e agguerriti detrattori della Chiesa.
Il
giorno dopo il primo tweet di @Pontifex Benedetto XVI riecheggiano ancora le
valutazioni sulla scelta di creare un account su Twitter e di lanciare i
messaggi (in otto lingue), inizialmente sulle catechesi del mercoledì ma con un
prevedibile incremento della frequenza.
Ieri,
nel corso dell'udienza generale, il primo tweet: "Cari amici, è con gioia
che mi unisco a voi via twitter. Grazie per la vostra generosa risposta. Vi
benedico tutti di cuore". Una benedizione in 124 caratteri arrivata in ogni
angolo del mondo, cui sono seguiti altri tre tweet contenenti le risposte alle
domande giunte sul tema della fede.
Si
è detto tutto e di tutto, a partire dalla non "autenticità" dei tweet
nel senso che, al di là del dito che ha sfiorato ieri timidamente il tablet,
non sarà certo Benedetto XVI a gestire personalmente il suo account ma spetterà
al suo staff estrapolare quei 140 caratteri dalle sue riflessioni e discorsi.
Un
falso problema come quello dell'assenza di followings considerato che il papa
non seguirà alcuno, non sarà chiamato a retwittare, a rispondere o a tirare in
ballo altri.
Il
polso della rete e dei social network si può tastare in tanti altri modi e la
possibilità di inviare domande ad #askpontifex è stato sicuramente un sistema
coraggioso di aprire le porte alle correnti d'aria esterne, anche a quelle più
burrascose, anche a quelle che rivelano spesso l'orizzonte cupo della mancanza
di rispetto per gli altri.
Credo
che quella valanga di domande, di testimonianze di affetto ma anche di offese
siano un bagaglio prezioso per conoscere cosa viaggia nella rete, cosa si cela
dietro a tanti nomi e pseudonimi, a quegli slogan gridati, quanta capacità c'è
di coltivare una dimensione interiore e di elaborare, là dentro, il proprio
ruolo nel mondo reale.
É anche
vero che siamo, noi italiani, un popolo di burloni e sicuramente diversi tweet
elegantemente dissacranti hanno provocato pure sorrisi e battute.
Ma
la portata dello sbarco su Twitter ha una grande valenza di fondo, ovvero
l'apertura della Chiesa alle nuove opportunità offerte dalla tecnologia, i
nuovi spazi sociali di incontro, confronto e aggregazione. Velocità e quantità
dei messaggi sono elevatissimi, la sfida di ognuno non è quindi quella di
essere più o meno presente ma di calarsi in quel flusso comunicativo riuscendo
a tenere salda la mano sul timone della propria personalità.
Una
prova di forza per afferrare quanto utile al proprio arricchimento, per
stringere nuovi rapporti veri, per cogliere il messaggio nella sua
essenzialità, senza lasciarlo calpestare dalla successiva valanga di tweet ma
sapendolo coltivare nei propri spazi interiori e di vita reale.
Solo
se saremo capaci di fare questo i nostri followings - papa compreso - saranno
utili alla nostra crescita.
C'è
ancora un altro aspetto che merita una riflessione ed è la ricaduta di questa
scelta sulla visione dei social network e sul loro diretto utilizzo anche da
parte dei religiosi.
In
Twitter sono già presenti otto cardinali: Gianfranco Ravasi, Angelo Scola, Dom
Odilo Pedro Scherer, Sean Patrick O'Malley, Wilfrid Fox Napier, Timothy Michael
Dolan, Lluís Martínez Sistach e Rubén Salazar Gómez, qualche vescovo, numerosi
sacerdoti con una maggiore e naturale frequenza dei giovani avvezzi alle nuove
tecnologie.
Quello
che mi è apparso rilevante è la spinta a mettersi in gioco da parte di coloro
che non sono nativi digitali, che non frequentano i social network ma che hanno
interpretato la scelta del papa come un invito ad affrontare questa avventura,
per testimoniare una Chiesa capace di cogliere le nuove opportunità e di
parlare all'uomo e con l'uomo in ogni contesto.
In
fondo il cristianesimo è anche la religione del coraggio, del dialogo, della
comunicazione.
Ho
assistito direttamente a queste riflessioni e valutazioni, in bilico tra la
consapevolezza che si trattasse di un esplicito richiamo rivolto a ciascuno,
anche ai religiosi, e il timore per un mezzo non abituale che impone
riflessioni di metodo, di opportunità e organizzative.
Su
questa strada si è incamminato anche padre Domenico Paoletti, preside della
Pontificia Facoltà teologica "San Bonaventura" Seraphicum, frate
minore conventuale, docente di teologia fondamentale e da ieri in Twitter come
@fraterdominicus.
"Non
sono mai stato presente sui social network - spiega - e sinceramente non so se
avrei mai fatto questo passo così lontano dalle mie abitudini e dai miei impegni
ecclesiali e accademici. Al di là dei tanti e diversificati commenti di questi
giorni, ho interpretato la scelta di papa Benedetto come un invito, forse un
vero e proprio richiamo, a seguirlo come un semplice e umile lavoratore nella
vigna mediatica".
Un
luogo che rivoluziona anche l'approccio alla trasmissione della Parola: niente
autorevolezza spettante all'oratore solo per l'abito che indossa ma uno spazio
paritario nel quale l'attenzione deve essere conquistata con il valore del
proprio pensiero e delle proprie parole.
Anche
se non basta, proprio la fluidità di questo ambiente digitale comporta la
proliferazione di quei comportamenti improntati alla derisione, all'offesa e
alla provocazione.
Un'altra
sfida da affrontare ma, come detto, il cristianesimo abbonda di coraggio e ogni
tempo ha avuto le sue persecuzioni.
Ma
la differenza rispetto a quei poveri provocatori sta nel coraggio di esporsi
anche ai loro attacchi, spesso volgari, sta nel mettere sul tavolo il proprio
pensiero e il proprio credo senza timore, forti di quell'amore che i cristiani
sono pronti a testimoniare anche in rete. (eli)
da http://raivaticano.blog.rai.it/2012/12/13/benedetto-twitter/
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