La notizia del pellegrinaggio delle reliquie di papa Wojtyla a Lourdes, dal 21 al 27 ottobre, dimostra ancora una volta l'intensa e diffusa devozione verso il beato Giovanni Paolo II e mi ha richiamato alla mente la proposta di un viaggio nel cuore dell'Europa, avanzata qualche anno fa dal vaticanista Giuseppe De Carli.
L'iniziativa di Lourdes è partita
dall'Unitalsi (l'Unione nazionale trasporto ammalati a Lourdes e santuari
internazionali) che ha ottenuto dall'arcivescovo Zygmunt Zimowski,
presidente del Pontificio consiglio per gli operatori sanitari, il permesso di
portare l'ampolla del sangue di Giovanni Paolo II al santuario mariano, in modo
da essere esposto e venerato dai pellegrini di tutto il mondo.
Lo spirito di
questo particolare pellegrinaggio è stato spiegato a Radio Vaticana da Salvatore
Pagliuca, presidente dell'Unitalsi, che ha sottolineato come Giovanni Paolo II "continua
ancora oggi a influenzare la Chiesa e la gente" e come questa presenza è
ricca di significati "perché rappresenta la presenza delle sue idee, dei
suoi sentimenti, la presenza soprattutto dell'amore dell'uomo e del pastore che
ha donato alla gente, ai fedeli e in particolare agli ammalati e
disabili".
Un
pellegrinaggio che avviene nell'anno della Fede e in concomitanza con il Sinodo
dei vescovi impegnati, in Vaticano, a confrontarsi sulle nuove strade per
l'evangelizzazione.
È indubbio che
papa Wojtyla abbia rappresentato un modello e un richiamo sulla strada della
fede, attraverso una testimonianza lunga e intensa.
La notizia,
dicevo, mi ha riportato alla mente una proposta che fu avanzata, tre o quattro
anni fa, sul blog di Rai Vaticano dal suo direttore Giuseppe De Carli.
L'idea era di
riportare per qualche tempo la salma di Karol Wojtyla in Polonia, per
consentire la devozione dei suoi connazionali, attraverso un viaggio che
attraversasse il cuore dell'Europa, in una scia di devozione.
Di seguito
ripropongo il passaggio inerente questo argomento, estrapolato da una intervista
che De Carli mi rilasciò nel dicembre del 2009, contenuta nel mio libro
"Caro signor papa - Cosa scrivono i fedeli a Giovanni Paolo II".
"Si, sul blog raivaticano.blog.rai.it ho lanciato la proposta di
riportare Giovanni Paolo II nella sua patria, in Polonia, almeno per un breve
periodo di tempo. E non è una proposta da sconsiderati, tanto per fare un po’
di rumore. Essa ha avuto immediata udienza sulla stampa polacca e – posso dire
– ha ricevuto un’attenzione «preoccupata» da parte delle gerarchie polacche. È
a loro infatti che spetta, dopo la glorificazione di papa Wojtyła, chiedere al
pontefice attualmente regnante il
permesso, così come fecero agli inizi del secolo ventesimo altri vescovi, per
un altro papa. Non mi sono inventato nulla.
Mi sono
andato a rileggere il testamento spirituale di Giovanni Paolo II, un testo
negletto, passato in sordina. Rimaneggiato più volte, non ha grandi svolazzi
letterari o lirici, mistici, spirituali. Si comprende chiaramente che il papa
scomparso desiderava essere seppellito nella sua patria. Le ragioni del cuore
in conflitto con la «ragion di stato». Giovanni Paolo II fu grande, «Magno»,
anche perché polacco. Il collegio del cardinali optò, alla sua morte, per la
soluzione vaticana accendendo il più clamoroso pellegrinaggio di questo inizio
di millennio sulla tomba di un pontefice. Ma c’è un modo per porre rimedio a
questa volontà non esaudita? Secondo me esiste, ed è quello di riportare papa
Wojtyła in Polonia prima del riposo
eterno nella basilica di San Pietro. Mi fa difetto immaginare il più toccante dei pellegrinaggi, lo
stupefacente scenario di un treno che attraversa l’Europa, le principali
città della Polonia, milioni di persone che vogliono «vedere e toccare» l’uomo
che ha abbattuto muri e costruito ponti, che ha invocato la discesa dello
Spirito Santo su una terra tanto venerata e amata. Un pellegrinaggio pasquale o
pentecostale. Un fiume di grazia
inonderebbe questa parte d’Europa che sta perdendo l’anima sugli altari del
consumismo, esangue. Una luce in fondo al tunnel della secolarizzazione,
dell’ateismo strisciante, della indifferenza, della crisi quasi irreversibile
della pratica religiosa. Vaneggio? No, assolutamente. Quanti santi girano
il mondo o vengono esposti! Si pensi a santa Teresina del Bambin Gesù e a san
Pio da Pietrelcina. Per ciò che attiene a papa Wojtyła, non sarebbe, come
dicevo poc’anzi, neppure il primo papa. «Vivo o morto ritornerò», rassicurò il
patriarca di Venezia, il cardinale Giuseppe Melchiorre Sarto, il 20 luglio 1903
alla stazione ferroviaria davanti a una grande folla. Il cardinale Sarto verrà
eletto papa col nome di Pio X . Sarà beatificato nel 1951, canonizzato nel
1954. Quella promessa non cadde nel vuoto. «Vivo o morto ritornerò». E tornò
nella Serenissima, trionfalmente in un’urna di cristallo, con autorizzazione di
Giovanni XXIII, dal 12 aprile al 10 maggio del 1959".
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