sabato 27 ottobre 2012

I comici non fanno più ridere ma sperare

Crozza nel Paese delle Meraviglie
C'erano una volta i politici che, in piena sintonia con i bisogni del popolo, amministravano la res publica a vantaggio del bene comune.
E c'erano una volta anche i comici che facevano ridere e sorridere lanciando a piene mani lazzi contro i tic della classe politica.


Una volta la politica era una cosa seria e per questo la comicità poteva permettersi di fare il proprio mestiere.
I politici avevano alle spalle una lunga militanza, facevano scuola da buoni maestri, sposavano un'ideologia che non avrebbero barattato per niente al mondo.
I comici avevano il compito di fare spettacolo, di raccontare la società e quell'acume con il quale individuavano le piccole manie dei personaggi richiamavano ilarità. Stare ad ascoltare un comico era un momento di evasione, di divertimento, di partecipazione alla storia dei nostri giorni vista sotto un'altra chiave di lettura.
I due campi erano nettamente distinti: governare e far ridere.
È indubbio che nell'ultima manciata di anni c'è stata una sorta di tempesta che ha confuso i ruoli, catapultando il cittadino/spettatore in un vortice di incertezze.
Si dice che generalizzare non rende giustizia, per questo cerchiamo di non applicare al ragionamento una veste qualunquista ma di vedere i numeri.
I frequenti sondaggi ci dipingono un'Italia sempre più lontana dalle logiche dei partiti.
Gli inquisiti distribuiti lungo tutto l'arco costituzionale sono un pugno in faccia alla credibilità della politica, nuocendo peraltro fortemente a quanti (numerosi ma poco rumorosi in questo generale pantano) ci mettono faccia e onore.
La politica ha preso insomma la deriva rispetto al Paese reale che ha bisogni e sogni di crescita.
C'è poco da riderci sopra. La situazione si presenta talmente drammatica nelle sue ripercussioni sociali che anche i comici stentano a far ridere. Non perché manchino gli spunti, tutt'altro, ma perché a fare le spese di queste situazioni paradossali sono quei cittadini che dovrebbero anche essere spettatori. Ma è difficile scindere i ruoli e, magari da disoccupati con famiglia a carico e mutuo, non si riesce ad aprire la bocca a una larga risata dinanzi alle sagaci battute su rei e co-rei dell'attuale crisi.
Per uno slittamento dei ruoli, si finisce addirittura a ridere dinanzi alle promesse dei politici, proprio come fossero battute infarcite di umorismo, e si diventa seri dinanzi alle storie ricostruite da bravi comici.
Tutto appare finalizzato al proprio tornaconto personale e così anche i fuochi incrociati dei politici destano così tanti dubbi da non risultare credibili quanto dovrebbero.
Ecco allora che, mentre sorridiamo (con una consistente dose di rabbia) delle boutade dei diversi governanti, ci ritroviamo a tastare il reale polso del nostro Paese attraverso i comici.
Questa volta con un sorriso amaro che sfumiamo appena pensiamo che non si tratta di una caricatura ma del ritratto della nostra società.
Come si può ridere spensierati, ad esempio, dell'ultima gag-denuncia di Maurizio Crozza nel suo spettacolo "Crozza nel paese delle meraviglie", quando la Costa Concordia diviene emblema dell'Italia e Schettino uno inter pares fra i furbetti che stanno contribuendo a inclinare il Paese?
Sulle note di "Io vorrei non vorrei ma se vuoi" di Lucio Battisti, non a caso contenente il passaggio "come può uno scoglio…", Crozza disegna "la Costa Italia che va giù", citando i diversi scogli sui quali si va quotidianamente a schiantarci.
"Ma su quale scoglio ci si andrà a schiantare? Forse sul primario che non sa operare. Quando il dirigente nomina un parente e si può negare se finisce male, se l'imprenditore compra l'assessore, se il signor prefetto cazzia un poveretto. Forse su un cognato pronto da piazzare, sul concorso vinto anche se era finto, sul pagarsi i vizi con i vitalizi. La furbizia è più apprezzata della capacità, se al timone sta lei crolla tutto come i muri di Pompei. Oramai l'imperizia è una prassi e noi qui, solo noi, contro voi".
Uno scossone alle coscienze di tutti, questa volta non tirando in ballo alcun politico (o tecnico) bensì il sistema Italia nel suo complesso, in una contrapposizione tra furbetti e onesti.
Tra queste macerie ideologiche e di credibilità, i comici sembrano essere divenuti i depositari dei riferimenti valoriali del nostro Paese. Chissà se in altri momenti storici avremmo visto un comico che intona e si emoziona sui versi di "Fratelli d'Italia", come accaduto a Roberto Benigni al festival di Sanremo dell'anno scorso.
E lo stesso Benigni, il prossimo 17 dicembre, sarà su Rai Uno con "La più bella del mondo", una serata interamente dedicata alla Costituzione italiana. E ai suo valori. Per restituire il sorriso e magari un po' di orgoglio agli italiani.  

  

 

 

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