venerdì 26 ottobre 2012

Pozzi nel deserto del mondo

La Chiesa, nelle diverse regioni del mondo, deve offrire “pozzi” per dissetare l’uomo di oggi, immerso in una vasta “desertificazione spirituale” e assetato di trovare un senso alla propria vita. È questa la missione della Chiesa universale per la nuova evangelizzazione, scaturita dal messaggio della tredicesima assemblea generale ordinaria del Sinodo dei vescovi che si concluderà domenica.
 
 
Il messaggio, come spiegato in conferenza stampa dal cardinale Giuseppe Betori, arcivescovo di Firenze e presidente della commissione preposta alla stesura del documento finale, “è espressione di comunione tra i vescovi”, nascendo dal reciproco ascolto e confronto, per poi trovare concretizzazione in un testo dai toni esortativi.
Ad essere incoraggiato è l’uomo del nostro tempo, stretto tra una crescente secolarizzazione e il desiderio di trovare un senso alla propria vita. Una “sete” che i Padri sinodali hanno rapportato all’episodio biblico della samaritana che incontra Gesù al pozzo e diviene testimone in prima persona dell’annuncio di salvezza. L’immagine che emerge dal sinodo è quella di molti uomini che si aggirano per il mondo con l’anfora vuota e alla ricerca di un pozzo cui attingere speranze e certezze. Proprio su questo cammino – è l’invito del sinodo – si devono porre le Chiese locali per riempire quelle anfore con il messaggio di Cristo e per saziare quella diffusa sete.
Una trasmissione di quell’acqua della salvezza che diviene anche occasione di testimonianza e di missione, per riempire sul proprio cammino tante altre anfore. È una Chiesa vitale quella che emerge dal messaggio “al popolo di Dio”, che non si scoraggia dinanzi alle nuove sfide ma che è consapevole della verità di cui è portatrice, senza “inventare chissà quali nuove strategie – si legge -, quasi che il Vangelo sia un prodotto da collocare sul mercato delle religioni, ma di riscoprire i modi in cui, nella vicenda di Gesù, le persone si sono accostate a lui e da lui sono state chiamate, per immettere quelle stesse modalità nelle condizioni del nostro tempo”.
Una linearità che non conduce a strane invenzioni bensì a ripartire proprio dal Vangelo e dalla Chiesa come comunità accogliente, facendo in modo che sappia sedersi “accanto agli uomini e alle donne di questo tempo, per rendere presente il Signore nella loro vita” e per orientare la scelta sui buoni pozzi, tra i molti che si propongono a ogni angolo per dissetare l’uomo di oggi. Un impegno che parte dalla testimonianza ma anche dalla credibilità personale degli uomini di Chiesa: un pozzo che qualche volta si è dimostrato foriero di acque non buone e per questo “con umiltà dobbiamo riconoscere che le povertà e le debolezze dei discepoli di Gesù, specialmente dei suoi ministri, pesano sulla credibilità della missione”, rendendo necessaria innanzitutto una conversione interna. Ma la lunga storia della Chiesa è fatta da tanti missionari e martiri che, in ogni epoca, hanno sempre portato buona acqua al mulino di Cristo e dunque è in questi modelli che bisogna rispecchiare il personale impegno.
Numerosi gli ambiti ai quali richiama il messaggio, illustrati in conferenza stampa – assieme al cardinale Betori – da monsignor Pierre-Marie Carré arcivescovo di Montpellier e segretario speciale della commissione preposta alla stesura del documento, oltre che da monsignor Luis Antonio G. Tagle, arcivescovo di Manila, vice presidente della stessa commissione e prossima berretta cardinalizia nel concistoro del 24 novembre. Una conoscenza di Cristo che passa dalle Sacre Scritture e dalla guida offerta dalla stessa Chiesa, innervando i luoghi e le dimensioni della vita.
A partire dalla famiglia come spazio naturale di evangelizzazione fondata sul matrimonio tra uomo e donna, alla vita consacrata testimone del senso ultraterreno dell’esistenza umana, dalle parrocchie come centri di evangelizzazione ai diversi movimenti e realtà associative. Un particolare accento viene posto sui giovani, verso i quali il sinodo rivolge uno sguardo “preoccupato sì, ma non pessimista” in quanto se “su di loro vengono a confluire le spinte più aggressive dei tempi” è anche vero che nei giovani si vedono “aspirazioni profonde di autenticità, di verità, di libertà, di generosità per le quali siamo convinti che Cristo sia la risposta che appaga”.
Il lungo documento sinodale affronta anche l’aspetto del dialogo nelle sue diverse declinazioni: con cultura, educazione, scienza, arte, mondo dell’economia e del lavoro, malati e sofferenti, politica, con le altre religioni, ribadendo come il dialogo interreligioso contribuisce alla pace, rifiuta i fondamentalismi e denuncia la violenza contro i credenti. Uno sguardo, dunque, puntato sulle diverse declinazioni del presente, invitando anche a prestare attenzione al mondo delle comunicazioni sociali “strada su cui, soprattutto nei nuovi media, si incrociano tante vite, tanti interrogativi e tante attese. Luogo dove spesso si formano le coscienze e si scandiscono i tempi e i contenuti della vita vissuta. Un’opportunità nuova per raggiungere il cuore dell’uomo”. Con una riflessione specifica rivolta alle Chiese delle diverse regioni del mondo: Chiese d’Oriente, d’Africa, dell’America del nord, dell’America Latina, dell’Asia, dell’Europa e dell’Oceania.
Una visione che dalle sfide generali tocca anche le specifiche particolarità. E a proposito di globalizzazione, i Padri sinodali presentano una Chiesa per niente intimorita, piuttosto intenzionata a far volare sulle ali della stessa globalizzazione il messaggio evangelico e a dare prova di una concreta presenza nelle differenti sfide. Attraversando innanzitutto la “desertificazione spirituale” propria di questi tempi e facendone tesoro come indicato da papa Benedetto XVI nell’omelia per l’apertura dell’Anno della fede: “nel deserto si riscopre il valore di ciò che è essenziale per vivere”. Attingendo a quell’acqua dei buoni pozzi con la quale i testimoni di Cristo potranno riempire le anfore degli uomini assetati di Dio.
 
 

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