In
questi giorni si intrecciano storie di matite: quelle intrise di insensibilità
della rivista satirica francese e quella incarnata da una piccola donna, dal
cuore di un gigante: Madre Teresa di Calcutta che sarà canonizzata domani da
papa Francesco.
In questo groviglio di tracce sui fogli della cronaca, fa
bene seguirle con un dito per comprendere dove ci sentiamo di approdare: nel
porto di una satira senza cuore o in quello di una grande carità e amore.
La vignetta sul terremoto nel centro Italia non riesco a
"digerirla", neppure sforzandomi nel leggerla come una denuncia verso
un sistema edilizio attento a rimpinguare le tasche a discapito della sicurezza
dei cittadini.
Un rifiuto che non è motivato semplicemente dall'aver toccato "casa
nostra", bensì per il fatto che, dinanzi a 295 morti e a sopravvissuti che
hanno perso tutto, un po' di delicatezza sarebbe indispensabile.
Non si tratta certo
di una limitazione della libertà di espressione, bensì della rivendicazione di
una sensibilità che, evidentemente, non appartiene loro. E, secondo i miei
parametri, si deve essere prima veri uomini che bravi professionisti.
Sono tra coloro che gridava #JeSuisCharlie, dopo l'attentato
terroristico alla loro redazione il 7 gennaio del 2015 che costò la vita a
dodici persone, nonostante le vignette di pessimo gusto e irriguardose (anche
sul cristianesimo) che hanno prodotto negli anni.
Dopo il grave atto terroristico li ho difesi per un solo
motivo: quella violenza non era giustificabile neanche dinanzi alla peggiore
provocazione e quindi sentivo il bisogno di contrappormi radicalmente a quanto
avvenuto, senza lasciare alcun minimo spazio ai se e ai ma. Bisognava, in altre
parole, fermarsi sulla soglia di quanto accaduto e gridare che non si può
uccidere, per nessun motivo, tantomeno per delle vignette. Punto. Ma adesso che
la vicenda non è stata portata fuori strada da alcun atto di violenza, mi sento
di gridare con la stessa forza che tutto ha un limite, anche se teoricamente
appare difficile fissarlo. Spetterebbe al buon senso del singolo ma,
evidentemente, i disegnatori di Charlie Hebdo ne sono totalmente sprovvisti.
Personalmente credo che la satira debba far ridere e
riflettere, anche con irriverenza. Se avessero sbattuto in quella vignetta i
vari amministratori che non hanno utilizzato a dovere i fondi pubblici
richiesti per gli adeguamenti o i politici che sperperano senza dare come
priorità un serio programma di messa in sicurezza nazionale contro i rischi del
nostro territorio, allora avrei accettato la provocazione. Ma le vittime non le
posso vedere utilizzate come strumento di alcuna operazione, seppur di
denuncia, quel "ripieno" della lasagna mi nausea o, meglio, mi
nauseano loro, leggendovi anche una certa spocchia. Quei morti meritano solo
rispetto, silenzio e, per chi crede, una preghiera.
E, in coerente atteggiamento presuntuoso, la testata è pure
tornata al contrattacco elevando al quadrato la loro offensiva insensibilità: proporre
sulla pagina Facebook una vignetta nella quale si sottolinea che non è stato
Charlie Hebdo a costruire le case crollate bensì la mafia, è l'ennesimo volgare
affronto.
C'è niente da ridere e tantomeno da scherzare: il rispetto
non si può rincorrere sul terreno delle offese, gettando sale nelle ferite e,
peraltro, muovendoci su un piano che ha visto la Francia più volte vittima e il
nostro Paese continuamente esposto alle minacce dello Stato islamico.
Riponiamo matite e satira da quattro soldi, dimostriamo la
solidarietà nei momenti del dolore altrui, auspichiamo lo stesso rispetto che
abbiamo dimostrato ma che non può essere preteso con la violenza fisica, né della
parola, né della satira.
Guardiamo la vicenda con il necessario distacco e
concentriamoci piuttosto sulle matite che hanno disegnato, nel corso della loro
e della nostra vita, messaggi di pace e di amore.
La cronaca ci aiuta: domani,
a piazza San Pietro, sarà canonizzata Madre Teresa di Calcutta, la piccola
matita di Dio. Seguire le sue tracce sarà decisamente più sensato che correre
dietro agli scarabocchi di Charlie Hebdo.
La vita di Madre Teresa è piena dei colori dell'amore verso
il prossimo: ogni biografia della beata, domani santa, può aiutarci a ripercorrere
la sua straordinaria esistenza.
Una vera e propria sfida ai nostri schemi mentali, un modo
per spogliarsi di preconcetti, certezze e comodità, mettendoci - attraverso il
suo esempio - sui passi della vera autenticità.
Non sarà facile, come per tutte le grandi imprese, ma come
ci ricorda Benedetto XVI "noi abbiamo bisogno di loro (dei santi), perché
i nostri piedi sono troppo stanchi e i nostri occhi troppo deboli, perché
possiamo da soli riconoscere il fine ed essere capaci di percorrere la strada
che vi conduce".
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