"Sollevo la penna, perché non voglio balbettare ciò che
non saprei spiegare".
E la ripeto, cadenzando le parole, ogni volta
che mi imbatto in questo passo del primo biografo di san Francesco di Assisi.
Al di là della bellezza e dell'intensità del racconto, nel
quale si narra la visita a Francesco morente da parte della nobildonna romana
chiamata frate Jacopa dal Poverello, provo una grande ammirazione per la lucidità
con cui fra Tommaso da Celano decide di fermare lì il proprio racconto, per non
balbettare ciò che non saprebbe spiegare.
La professione di giornalista ti porta a guardare i fatti in
modo diverso, a leggerli in filigrana, a comprendere se si tratti solo di un
fatto o se c'è anche una notizia, ovvero se può avere una rilevanza tale da essere
portato a conoscenza degli altri.
Ci si impegna tanto per andare a fondo dei fatti, per
offrirne dettagli e interpretazioni - spesso liberamente tratte dalla propria
fantasia - ma difficilmente si ha la
forza e il coraggio di fermarsi, di rimanere sulla soglia di quello che è
palese, senza addentrarci in percorsi nei quali non sapremmo orientarci e
potremmo far perdere anche chi ci legge.
Ecco la grandezza di questa frase che rappresenta una chiara
indicazione a chi fa questo mestiere, sempre più vetrina e sempre meno
servizio: sollevare la penna per non balbettare ciò che non si può spiegare.
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