
Furono queste le parole con cui mons. Leonardo Sandri, sostituto alla Segreteria di Stato, annunciò il 2 aprile del 2005 in piazza San Pietro la morte di papa Wojtyla.
Milioni di persone raggiunsero Roma per rendere omaggio al papa polacco e per partecipare al funerale. Da quel momento iniziò un continuo pellegrinaggio alla sua tomba, prima nelle Grotte vaticane e, dal 1° maggio 2011 giorno della beatificazione, nella Basilica di San Pietro. L'altare di san Sebastiano, dove si trova la tomba di san Giovanni Paolo II (canonizzato il 27 aprile dell'anno scorso) è meta di pellegrini provenienti da tutto il mondo.
Ma c'è un altro "fenomeno" di fede e sociologico che è iniziato nelle ore immediatamente successive alla morte del papa:
una copiosissima corrispondenza fatta di bigliettini, lettere, oggetti, richieste di grazia, confidenze, lasciati prima in piazza San Pietro e poi sulla sua tomba. Quanto ho raccontato e analizzato nel libro "Caro signor papa - Cosa scrivono i fedeli a Giovanni Paolo II" (edizioni Messaggero Padova, 2010).
Vive nella memoria di ciascuno in quanto personaggio del nostro tempo.
Vive nei cuori di quanti lo hanno seguito.

intercessione dello Spirito Santo e quindi il rappresentante di Cristo in terra.
Vive nella speranza di quanti hanno visto e vedono in lui un appiglio sicuro, una guida, una protezione nelle piccole e grandi sfide della vita.
Ma soprattutto Giovanni Paolo II vive nell’amore che nutre nei suoi confronti quella schiera crescente di fedeli e di appassionati che lo pregano, lo vanno a trovare, gli scrivono, ne testimoniano il messaggio e la presenza nei gruppi di preghiera come nel web.
Una fede che è anche senso di appartenenza, di orgogliosa appartenenza, a quel «popolo
wojtyłiano» fortemente legato a questa figura altamente carismatica proprio perché capace di coniugare la dimensione umana con quella spirituale".
(dalla Postfazione di "Caro Signor Papa)
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