venerdì 4 ottobre 2013

Assisi, Lampedusa e il messaggio di san Francesco


Mai come in queste ore Assisi e Lampedusa sono state tanto vicine, collegate da un filo simbolico e spirituale. La città che ha dato i natali a san Francesco - e che sta per accogliere papa Bergoglio - e l’isola dal mare blu, meta di turisti in cerca di relax ma anche di emigranti che rincorrono la speranza di un futuro. Una speranza che spesso si infrange su quei fondali, sbalzata in acqua da grandi onde che si prendono gioco di quelle sovraccariche carrette del mare o, come accaduto nell’ultima tragedia, da un fuoco acceso per segnalare la propria presenza, un SOS della paura, un richiamo nelle tenebre, emblema di una richiesta di aiuto al mondo, nel buio della disperazione.



I due comuni d’Italia non sono gemellati ma legati a un nome: da una parte Francesco, il Poverello di Assisi, che si spogliò dei suoi beni per aiutare gli ultimi. Dall’altra papa Francesco, il cardinale Bergoglio che, come primo viaggio del pontificato, si è recato nell’isola siciliana a pregare per le vittime delle emigrazioni, a consolare i sopravvissuti, a ringraziare gli isolani, a lanciare un chiaro e forte messaggio alla comunità internazionale ma anche alla coscienza di tutti noi, ormai incapaci di piangere per gli altri.
Se si sceglie di chiamarsi Francesco, come il santo di Assisi, bisogna avere tra le priorità l’attenzione agli ultimi, ai poveri, agli emarginati, a chi vive nelle periferie esistenziali. È necessario spogliarsi dei propri beni per aiutare i bisognosi e andare contro le correnti ideologiche radicate e di comodo. Ma soprattutto bisogna far passare un messaggio che, nell’attuale società, sembra utopico: il concetto di fratellanza e di rispetto per l’altro, il concetto di misericordia e di tenerezza, il concetto che tutti dobbiamo concorrere alla costruzione di un mondo migliore, cambiando le nostre priorità e gli obiettivi di vita.
Il credente vive della convinzione che niente accada a caso e che la Provvidenza intervenga nella propria vita e nella storia. Così anche l’elezione di papa Francesco non sarebbe il matematico esito di accordi tra cordate di cardinali bensì un uomo spinto nella vita della Chiesa dal soffio dello Spirito Santo.
Nonostante le situazioni si valutino sempre prendendo le dovute distanze, ci accorgiamo che le emozioni sono il pane quotidiano che ci dona il papa gesuita e argentino, dalle quali è opportuno non allontanarsi troppo, piuttosto coltivarle e metterle a frutto, per cambiare il registro della propria sensibilità.
Se guardiamo alle vicende delle ultime ore e settimane, ci accorgiamo che Assisi e Lampedusa sono più vicine e lo sono ancor più con la visita del papa nella città umbra, dove il messaggio di san Francesco riecheggerà e troverà piena incarnazione proprio nei disperati dell’ultimo naufragio, alle porte dell’insensibile Europa.
La tragedia di Lampedusa, alla vigilia del viaggio di Francesco ad Assisi, sembra aver impresso uno scossone dirompente a tutti noi, alle nostre certezze e insensibilità.

Le immagini di quei corpi sparpagliati in mare, di quei sacchi di plastica come sistemazione di emergenza per gli oltre cento morti, di quegli sguardi disorientati che spuntano dalle coperte termiche nei balzi incerti dalle motovedette di soccorso al molo, si dipanano in contemporanea con il viaggio di papa Francesco ad Assisi. Un viaggio che non potrà esulare dai fatti di Lampedusa perché quei disperati incarnano il messaggio più profondo dei due Francesco, del santo vissuto ottocento anni fa e del papa che ci sta richiamando a una rieducazione sentimentale delle nostre coscienze. 

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