Mai
come in queste ore Assisi e Lampedusa sono state tanto vicine, collegate da un
filo simbolico e spirituale. La città che ha dato i natali a san Francesco - e che
sta per accogliere papa Bergoglio - e l’isola dal mare blu, meta di turisti in
cerca di relax ma anche di emigranti che rincorrono la speranza di un futuro.
Una speranza che spesso si infrange su quei fondali, sbalzata in acqua da
grandi onde che si prendono gioco di quelle sovraccariche carrette del mare o,
come accaduto nell’ultima tragedia, da un fuoco acceso per segnalare la propria
presenza, un SOS della paura, un richiamo nelle tenebre, emblema di una
richiesta di aiuto al mondo, nel buio della disperazione.
I
due comuni d’Italia non sono gemellati ma legati a un nome: da una parte Francesco,
il Poverello di Assisi, che si spogliò dei suoi beni per aiutare gli ultimi.
Dall’altra papa Francesco, il cardinale Bergoglio che, come primo viaggio del
pontificato, si è recato nell’isola siciliana a pregare per le vittime delle
emigrazioni, a consolare i sopravvissuti, a ringraziare gli isolani, a lanciare
un chiaro e forte messaggio alla comunità internazionale ma anche alla
coscienza di tutti noi, ormai incapaci di piangere per gli altri.
Se
si sceglie di chiamarsi Francesco, come il santo di Assisi, bisogna avere tra
le priorità l’attenzione agli ultimi, ai poveri, agli emarginati, a chi vive
nelle periferie esistenziali. È necessario spogliarsi dei propri beni per
aiutare i bisognosi e andare contro le correnti ideologiche radicate e di
comodo. Ma soprattutto bisogna far passare un messaggio che, nell’attuale
società, sembra utopico: il concetto di fratellanza e di rispetto per l’altro, il
concetto di misericordia e di tenerezza, il concetto che tutti dobbiamo concorrere
alla costruzione di un mondo migliore, cambiando le nostre priorità e gli
obiettivi di vita.
Il
credente vive della convinzione che niente accada a caso e che la Provvidenza intervenga
nella propria vita e nella storia. Così anche l’elezione di papa Francesco non
sarebbe il matematico esito di accordi tra cordate di cardinali bensì un uomo
spinto nella vita della Chiesa dal soffio dello Spirito Santo.
Nonostante
le situazioni si valutino sempre prendendo le dovute distanze, ci accorgiamo
che le emozioni sono il pane quotidiano che ci dona il papa gesuita e argentino,
dalle quali è opportuno non allontanarsi troppo, piuttosto coltivarle e metterle
a frutto, per cambiare il registro della propria sensibilità.
Se
guardiamo alle vicende delle ultime ore e settimane, ci accorgiamo che Assisi e
Lampedusa sono più vicine e lo sono ancor più con la visita del papa nella
città umbra, dove il messaggio di san Francesco riecheggerà e troverà piena incarnazione
proprio nei disperati dell’ultimo naufragio, alle porte dell’insensibile Europa.
La
tragedia di Lampedusa, alla vigilia del viaggio di Francesco ad Assisi, sembra aver
impresso uno scossone dirompente a tutti noi, alle nostre certezze e
insensibilità.
Le
immagini di quei corpi sparpagliati in mare, di quei sacchi di plastica come
sistemazione di emergenza per gli oltre cento morti, di quegli sguardi
disorientati che spuntano dalle coperte termiche nei balzi incerti dalle
motovedette di soccorso al molo, si dipanano in contemporanea con il viaggio di
papa Francesco ad Assisi. Un viaggio che non potrà esulare dai fatti di
Lampedusa perché quei disperati incarnano il messaggio più profondo dei due
Francesco, del santo vissuto ottocento anni fa e del papa che ci sta richiamando
a una rieducazione sentimentale delle nostre coscienze.
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