martedì 24 settembre 2013

Il mondo migliore passa dalla centralità di ogni persona



Il mondo migliore è quello che mette al centro la persona, il suo sviluppo integrale e la sua dignità, accantonando i criteri in voga relativi all'efficienza, al ceto sociale, all'appartenenza etnica o religiosa. Il mondo migliore è quello che sa passare dalla cultura dello scarto a quella dell'incontro e dell'accoglienza.

Il messaggio di papa Francesco per la Giornata mondiale del migrante e del rifugiato, che si celebrerà il prossimo 19 gennaio, è la trasposizione in parole e sollecitazioni di quell'amore per ogni uomo che dimostra in ogni suo gesto. L'amore per gli ultimi, per coloro che vengono giudicati scarti della società, sulla base di chiavi di lettura legate ai concetti di bello, di sano, di efficienza, di rispondenza a criteri selettivi dettati da società avare in termini economici e valoriali.
Il messaggio "Migranti e rifugiati: verso un mondo migliore" - presentato stamani in Sala stampa vaticana dal cardinale Antonio Maria Vegliò, presidente del Pontificio Consiglio della pastorale per i migranti e gli itineranti, da monsignor Joseph Kalathiparambil segretario dello stesso pontificio Consiglio e dal sottosegretario p. Gabriele Bentoglio - arriva dritto alla coscienza di ognuno, per una rivoluzione morale e culturale che sia accompagnata da una sollecita assunzione di responsabilità da parte di tutti i Paesi, sia quelli da dove partono le migrazioni sia quelli che rappresentano l'attracco a nuove speranze, ma anche dalle istituzioni internazionali e dai mezzi di comunicazione.

Parole che partono da una lettura realistica dell'oggi, dal rifiuto, dalla discriminazione, dallo sfruttamento, per attraccare a orizzonti di speranza e di fiducia, sulla base dell'esperienza "migratoria" vissuta dalla famiglia di Nazaret che ha sperimentato "l'esperienza del rifiuto all'inizio del suo cammino". Quella stessa loro "fiducia che Dio mai abbandona" - scrive papa Francesco - deve accompagnare ogni migrante e rifugiato.

Ma come si costruisce un "mondo migliore"? Francesco precisa che "questa espressione non allude ingenuamente a concezioni astratte o a realtà irraggiungibili, ma orienta piuttosto a uno sviluppo autentico e integrale, a operare perché vi siano condizioni di vita dignitose per tutti, perché trovino giuste risposte le esigenze delle persone e delle famiglie, perché sia rispettata, custodita e coltivata la creazione che Dio ci ha donato".
Innanzitutto deve essere cambiato radicalmente l'approccio all'altro, passando da una visione sospettosa e di rifiuto - "migranti e rifugiati non sono pedine sullo scacchiere dell'umanità" scrive Francesco - alla valorizzazione della persona in sé, comprendendo i drammi e le aspettative di quanti guardano a una vita più dignitosa per sé e per le proprie famiglie.

Dinanzi a queste popolazioni in movimento, che danno vita alla più vasta migrazione di tutti i tempi, complice anche lo "scandalo della povertà" nelle sue drammatiche sfaccettature (violenza, sfruttamento, discriminazione, emarginazione, restrizione della libertà), è necessaria un'azione decisa ed efficace a livello internazionale, attraverso "uno spirito di profonda solidarietà e compassione". Per questo Francesco si sofferma sull'indispensabilità di una collaborazione ai vari livelli, "con l'adozione corale - scrive - degli strumenti normativi che tutelino e promuovano la persona umana". In questo ambito fanno da battistrada le riflessioni di Benedetto XVI nell'enciclica "Caritas in veritate", per una sinergia effettiva tra i diversi Paesi, quelli che generano i flussi migratori, quelli che ne sono meta ma anche la comunità internazionale.

Papa Francesco si sofferma sullo "sforzo che ogni Paese dovrebbe fare per creare migliori condizioni economiche e sociali in patria - si legge nel Messaggio - di modo che l'emigrazione non sia l'unica opzione per chi cerca pace, giustizia, sicurezza e pieno rispetto della dignità umana".
Dalle politiche internazionali e quelle umane, con l'invito al superamento di pregiudizi, sospetti e ostilità, dettati dalla "paura che si producano sconvolgimenti nella sicurezza sociale, che si corra il rischio di perdere identità e cultura, che si alimenti la concorrenza sul mercato del lavoro o, addirittura, che si introducano nuovi fattori di criminalità".

Ecco, dunque, l'aspetto culturale al quale concorrono in modo determinante i mezzi di informazione ai quali, raccomanda Francesco, spetta "smascherare stereotipi e offrire corrette informazioni, dove capiterà di denunciare l'errore di alcuni, ma anche di descrivere l'onestà, la rettitudine e la grandezza d'animo dei più". Quanto può favorire il passaggio dalla "cultura dello scarto" alla "cultura dell'incontro".
In questo nuovo atteggiamento, che papa Bergoglio definisce "conversione di atteggiamenti", la Chiesa è chiamata ad abbracciare tutti i popoli, a "vedere noi per primi e aiutare gli altri a vedere nel migrante e nel rifugiato non solo un problema da affrontare ma un fratello e una sorella da accogliere, rispettare e amare". Non un limite ma una vera e propria opportunità per la crescita di una nuova umanità, "un'occasione che la Provvidenza ci offre - scrive Francesco - per contribuire alla costruzione di una società più giusta, una democrazia più compiuta, un Paese più solidale, un mondo più fraterno e una comunità cristiana più aperta, secondo il Vangelo".

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