Il
mondo migliore è quello che mette al centro la persona, il suo sviluppo
integrale e la sua dignità, accantonando i criteri in voga relativi
all'efficienza, al ceto sociale, all'appartenenza etnica o religiosa. Il mondo
migliore è quello che sa passare dalla cultura dello scarto a quella
dell'incontro e dell'accoglienza.
Il
messaggio di papa Francesco per la Giornata mondiale del migrante e del
rifugiato, che si celebrerà il prossimo 19 gennaio, è la trasposizione in
parole e sollecitazioni di quell'amore per ogni uomo che dimostra in ogni suo
gesto. L'amore per gli ultimi, per coloro che vengono giudicati scarti della
società, sulla base di chiavi di lettura legate ai concetti di bello, di sano,
di efficienza, di rispondenza a criteri selettivi dettati da società avare in
termini economici e valoriali.
Il
messaggio "Migranti e rifugiati: verso un mondo migliore" -
presentato stamani in Sala stampa vaticana dal cardinale Antonio Maria Vegliò,
presidente del Pontificio Consiglio della pastorale per i migranti e gli
itineranti, da monsignor Joseph Kalathiparambil segretario dello stesso
pontificio Consiglio e dal sottosegretario p. Gabriele Bentoglio - arriva
dritto alla coscienza di ognuno, per una rivoluzione morale e culturale che sia
accompagnata da una sollecita assunzione di responsabilità da parte di tutti i
Paesi, sia quelli da dove partono le migrazioni sia quelli che rappresentano
l'attracco a nuove speranze, ma anche dalle istituzioni internazionali e dai
mezzi di comunicazione.
Parole
che partono da una lettura realistica dell'oggi, dal rifiuto, dalla discriminazione,
dallo sfruttamento, per attraccare a orizzonti di speranza e di fiducia, sulla
base dell'esperienza "migratoria" vissuta dalla famiglia di Nazaret
che ha sperimentato "l'esperienza del rifiuto all'inizio del suo
cammino". Quella stessa loro "fiducia che Dio mai abbandona" -
scrive papa Francesco - deve accompagnare ogni migrante e rifugiato.
Ma
come si costruisce un "mondo migliore"? Francesco precisa che
"questa espressione non allude ingenuamente a concezioni astratte o a
realtà irraggiungibili, ma orienta piuttosto a uno sviluppo autentico e
integrale, a operare perché vi siano condizioni di vita dignitose per tutti,
perché trovino giuste risposte le esigenze delle persone e delle famiglie,
perché sia rispettata, custodita e coltivata la creazione che Dio ci ha
donato".
Innanzitutto
deve essere cambiato radicalmente l'approccio all'altro, passando da una
visione sospettosa e di rifiuto - "migranti e rifugiati non sono pedine
sullo scacchiere dell'umanità" scrive Francesco - alla valorizzazione della
persona in sé, comprendendo i drammi e le aspettative di quanti guardano a una
vita più dignitosa per sé e per le proprie famiglie.
Dinanzi
a queste popolazioni in movimento, che danno vita alla più vasta migrazione di
tutti i tempi, complice anche lo "scandalo della povertà" nelle sue
drammatiche sfaccettature (violenza, sfruttamento, discriminazione,
emarginazione, restrizione della libertà), è necessaria un'azione decisa ed
efficace a livello internazionale, attraverso "uno spirito di profonda solidarietà
e compassione". Per questo Francesco si sofferma sull'indispensabilità di
una collaborazione ai vari livelli, "con l'adozione corale - scrive -
degli strumenti normativi che tutelino e promuovano la persona umana". In
questo ambito fanno da battistrada le riflessioni di Benedetto XVI
nell'enciclica "Caritas in veritate", per una sinergia effettiva tra
i diversi Paesi, quelli che generano i flussi migratori, quelli che ne sono
meta ma anche la comunità internazionale.
Papa
Francesco si sofferma sullo "sforzo che ogni Paese dovrebbe fare per
creare migliori condizioni economiche e sociali in patria - si legge nel
Messaggio - di modo che l'emigrazione non sia l'unica opzione per chi cerca
pace, giustizia, sicurezza e pieno rispetto della dignità umana".
Dalle
politiche internazionali e quelle umane, con l'invito al superamento di
pregiudizi, sospetti e ostilità, dettati dalla "paura che si producano
sconvolgimenti nella sicurezza sociale, che si corra il rischio di perdere
identità e cultura, che si alimenti la concorrenza sul mercato del lavoro o,
addirittura, che si introducano nuovi fattori di criminalità".
Ecco,
dunque, l'aspetto culturale al quale concorrono in modo determinante i mezzi di
informazione ai quali, raccomanda Francesco, spetta "smascherare
stereotipi e offrire corrette informazioni, dove capiterà di denunciare
l'errore di alcuni, ma anche di descrivere l'onestà, la rettitudine e la
grandezza d'animo dei più". Quanto può favorire il passaggio dalla
"cultura dello scarto" alla "cultura dell'incontro".
In questo nuovo
atteggiamento, che papa Bergoglio definisce "conversione di
atteggiamenti", la Chiesa è chiamata ad abbracciare tutti i popoli, a
"vedere noi per primi e aiutare gli altri a vedere nel migrante e nel
rifugiato non solo un problema da affrontare ma un fratello e una sorella da
accogliere, rispettare e amare". Non un limite ma una vera e propria
opportunità per la crescita di una nuova umanità, "un'occasione che la
Provvidenza ci offre - scrive Francesco - per contribuire alla costruzione di
una società più giusta, una democrazia più compiuta, un Paese più solidale, un
mondo più fraterno e una comunità cristiana più aperta, secondo il
Vangelo".
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