Papa
Francesco sta lanciando una sfida impegnativa e addirittura potenzialmente insidiosa,
una sfida che si gioca oggi sulla sua persona e che potrebbe avere
ripercussioni sulla Chiesa di domani. Il suo stile pastorale, l'approccio
naturale e amichevole con le folle, i suoi messaggi semplici ma dirompenti, le
tante e diversificate aspettative della gente ne stanno facendo un punto di
riferimento per credenti e non, caricando il suo pontificato di enormi attese.
Questi
primi venti giorni si sono svolti alla luce di un crescente affetto da parte
del popolo che ha visto nel papa argentino un volto della Chiesa umano, umile e
attento agli ultimi. La perfetta incarnazione, insomma, dello stile evangelico
dove il richiamo ai poveri, il sollecito a guardare alle periferie geografiche
e spirituali, l'attenzione al creato, la costruzione della pace, non
rappresentano solo degli insegnamenti teorici ma trovano la prima e diretta
attuazione proprio da parte del pontefice.
Gli
strappi alla consuetudine sono stati numerosi: il rifiuto di quei paramenti
ritenuti troppo sfarzosi o eccentrici - dalla mantellina bordata in ermellino
alle scarpe rosse -, la scelta di rimanere a Santa Marta piuttosto che
trasferirsi nell'ampio appartamento apostolico, la decisione di mantenere la
croce pettorale che portava da vescovo, la scelta dell'anello del pescatore in
argento e non in oro, la volontà di muoversi con una semplice auto dei gendarmi
piuttosto che con quella di rappresentanza.
E
poi i numerosi fuori programma tutti mirati a instaurare un rapporto diretto
con la gente: niente di inventato, solo il trasferimento del suo stile
pastorale da Buenos Aires a Città del Vaticano. E così lo abbiamo visto uscire
dalla parrocchia di Sant'Anna e attendere all'esterno i fedeli per salutarli
uno ad uno, fare continui bagni di folla con santa pace del servizio di
sicurezza, compiere ripetuti giri della piazza sulla jeep soffermandosi con la
gente, in un vero e proprio scambio di sguardi, di saluti, di affetto.
Così
il popolo di Dio e non solo si è incendiato di una nuova passione, tanto più
forte quanto più maturata in un contesto sociale che sta vedendo il progressivo
svilimento di figure che sappiano incarnare e testimoniare credibilità e
aspettative alte per il futuro. Dinanzi alla crisi generale che stiamo vivendo
- economica, politica, valoriale - papa Francesco ha restituito un'immagine di
credibilità e di speranza. E non è poco, anzi è proprio tanto. Ma basta? Come
può evolversi questo rapporto?
I
detrattori e gli agnostici utilizzano spesso l'espressione "luna di
miele", al termine della quale potrebbe dissolversi la bolla di questa
sinergia affettiva.
Non
credo, personalmente, in queste valutazioni a orologeria ma penso piuttosto a
una sfida molto impegnativa di cui papa Francesco si è caricato e che potrà
avere forti ripercussioni, in positivo o negativo, non solo sulla sua persona
ma anche sulla Chiesa di domani.
In
questi venti giorni abbiamo sentito le numerose testimonianze raccolte tra la
gente che ci parlano di questa rinnovata attenzione alla Chiesa, di non
praticanti e persino di non credenti richiamati lì dal messaggio di Francesco.
Un
fatto assolutamente positivo ma, con Piazza San Pietro e via della
Conciliazione sempre pienissime, la posta in gioco si alza notevolmente per far
sì che il rapporto tra la folla e papa Francesco non rimanga fine alle emozioni
del momento, alla commozione dinanzi al suo spontaneo amore per gli ultimi, a
quella tenerezza che arriva anche ai cuori più aridi, persino a quella simpatia
manifestata a ogni saluto e augurio di buon pranzo o di buona giornata.
Questa
empatia dovrà essere il trampolino di lancio di un rapporto più profondo che
dovrà vedere i nuovi estimatori di Francesco impegnati in un serio percorso di
conoscenza e di avvicinamento alla Chiesa, attraverso il quale entrare a
diretto contatto con l'essenza di quanto proclama il papa argentino.
Rimanere
alla superficie delle sue parole e dei suoi gesti porterà rovinosamente fuori
strada, come accaduto con i giudizi o meglio i pregiudizi su papa Ratzinger.
Ricordate, un esempio su tutti, la campagna contro le scarpe rosse di Prada che
poi, in realtà, erano realizzate da un artigiano del nord Italia? Gli habitué
dell'immagine rappresentano una delle maggiori insidie, anche per un pontefice,
per quelle chiavi di lettura distorte che riescono sempre a trovare grande eco,
soprattutto nelle reti dei creduloni.
Fermarsi
alle apparenze significa mettersi nelle mani della superficialità e di svarioni
che risulteranno nuocere non solo al destinatario ma anche a chi vi riporrà qualche
attenzione e credito.
Papa
Francesco ha sulle spalle le attese di un mondo in gran parte deluso che vede
in quest'uomo spontaneo, dall'andatura un po' ondeggiante e dal sorriso
sincero, un vero e proprio superman capace di riscattarlo dalle ingiustizie e
dalle difficoltà. Una sfida che lo attende starà proprio nel prendere
consapevolezza delle alte e diffuse aspettative che potrebbero infrangersi in
qualche incapacità a realizzare quanto atteso, anche se non per limiti
personali o mancanza di volontà.
Allora
la vera empatia potrà realizzarsi lasciandosi accompagnare su pascoli più
lontani, oltre le eco del momento. Solo in questo modo potrà avvenire la reale
saldatura tra il messaggio di papa Francesco e le attese di un gregge spesso
disordinato ma che sia disposto a incamminarsi sui pascoli della Chiesa. (eli)
Articolo pubblicato da Rai Vaticano
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