martedì 2 aprile 2013

Le sfide di Francesco


Papa Francesco sta lanciando una sfida impegnativa e addirittura potenzialmente insidiosa, una sfida che si gioca oggi sulla sua persona e che potrebbe avere ripercussioni sulla Chiesa di domani. Il suo stile pastorale, l'approccio naturale e amichevole con le folle, i suoi messaggi semplici ma dirompenti, le tante e diversificate aspettative della gente ne stanno facendo un punto di riferimento per credenti e non, caricando il suo pontificato di enormi attese.    

Questi primi venti giorni si sono svolti alla luce di un crescente affetto da parte del popolo che ha visto nel papa argentino un volto della Chiesa umano, umile e attento agli ultimi. La perfetta incarnazione, insomma, dello stile evangelico dove il richiamo ai poveri, il sollecito a guardare alle periferie geografiche e spirituali, l'attenzione al creato, la costruzione della pace, non rappresentano solo degli insegnamenti teorici ma trovano la prima e diretta attuazione proprio da parte del pontefice.
Gli strappi alla consuetudine sono stati numerosi: il rifiuto di quei paramenti ritenuti troppo sfarzosi o eccentrici - dalla mantellina bordata in ermellino alle scarpe rosse -, la scelta di rimanere a Santa Marta piuttosto che trasferirsi nell'ampio appartamento apostolico, la decisione di mantenere la croce pettorale che portava da vescovo, la scelta dell'anello del pescatore in argento e non in oro, la volontà di muoversi con una semplice auto dei gendarmi piuttosto che con quella di rappresentanza.
E poi i numerosi fuori programma tutti mirati a instaurare un rapporto diretto con la gente: niente di inventato, solo il trasferimento del suo stile pastorale da Buenos Aires a Città del Vaticano. E così lo abbiamo visto uscire dalla parrocchia di Sant'Anna e attendere all'esterno i fedeli per salutarli uno ad uno, fare continui bagni di folla con santa pace del servizio di sicurezza, compiere ripetuti giri della piazza sulla jeep soffermandosi con la gente, in un vero e proprio scambio di sguardi, di saluti, di affetto.
Così il popolo di Dio e non solo si è incendiato di una nuova passione, tanto più forte quanto più maturata in un contesto sociale che sta vedendo il progressivo svilimento di figure che sappiano incarnare e testimoniare credibilità e aspettative alte per il futuro. Dinanzi alla crisi generale che stiamo vivendo - economica, politica, valoriale - papa Francesco ha restituito un'immagine di credibilità e di speranza. E non è poco, anzi è proprio tanto. Ma basta? Come può evolversi questo rapporto?
I detrattori e gli agnostici utilizzano spesso l'espressione "luna di miele", al termine della quale potrebbe dissolversi la bolla di questa sinergia affettiva. 
Non credo, personalmente, in queste valutazioni a orologeria ma penso piuttosto a una sfida molto impegnativa di cui papa Francesco si è caricato e che potrà avere forti ripercussioni, in positivo o negativo, non solo sulla sua persona ma anche sulla Chiesa di domani.
In questi venti giorni abbiamo sentito le numerose testimonianze raccolte tra la gente che ci parlano di questa rinnovata attenzione alla Chiesa, di non praticanti e persino di non credenti richiamati lì dal messaggio di Francesco.
Un fatto assolutamente positivo ma, con Piazza San Pietro e via della Conciliazione sempre pienissime, la posta in gioco si alza notevolmente per far sì che il rapporto tra la folla e papa Francesco non rimanga fine alle emozioni del momento, alla commozione dinanzi al suo spontaneo amore per gli ultimi, a quella tenerezza che arriva anche ai cuori più aridi, persino a quella simpatia manifestata a ogni saluto e augurio di buon pranzo o di buona giornata.
Questa empatia dovrà essere il trampolino di lancio di un rapporto più profondo che dovrà vedere i nuovi estimatori di Francesco impegnati in un serio percorso di conoscenza e di avvicinamento alla Chiesa, attraverso il quale entrare a diretto contatto con l'essenza di quanto proclama il papa argentino.
Rimanere alla superficie delle sue parole e dei suoi gesti porterà rovinosamente fuori strada, come accaduto con i giudizi o meglio i pregiudizi su papa Ratzinger. Ricordate, un esempio su tutti, la campagna contro le scarpe rosse di Prada che poi, in realtà, erano realizzate da un artigiano del nord Italia? Gli habitué dell'immagine rappresentano una delle maggiori insidie, anche per un pontefice, per quelle chiavi di lettura distorte che riescono sempre a trovare grande eco, soprattutto nelle reti dei creduloni.
Fermarsi alle apparenze significa mettersi nelle mani della superficialità e di svarioni che risulteranno nuocere non solo al destinatario ma anche a chi vi riporrà qualche attenzione e credito.
Papa Francesco ha sulle spalle le attese di un mondo in gran parte deluso che vede in quest'uomo spontaneo, dall'andatura un po' ondeggiante e dal sorriso sincero, un vero e proprio superman capace di riscattarlo dalle ingiustizie e dalle difficoltà. Una sfida che lo attende starà proprio nel prendere consapevolezza delle alte e diffuse aspettative che potrebbero infrangersi in qualche incapacità a realizzare quanto atteso, anche se non per limiti personali o mancanza di volontà.
Allora la vera empatia potrà realizzarsi lasciandosi accompagnare su pascoli più lontani, oltre le eco del momento. Solo in questo modo potrà avvenire la reale saldatura tra il messaggio di papa Francesco e le attese di un gregge spesso disordinato ma che sia disposto a incamminarsi sui pascoli della Chiesa. (eli)  



Articolo pubblicato da Rai Vaticano

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