"I
terremoti non sono prevedibili e l'unica forma di prevenzione a tutela delle
persone e dei beni è l'adozione di accorgimenti edilizi utili a limitare i
danni derivanti da un eventuale sisma". A seguito della sentenza di
condanna per il terremoto dell'Aquila, nei confronti dei componenti della
Commissione grandi rischi, dovrei forse tirare una riga su quegli appunti
raccolti negli anni e riscrivere, sotto dettatura di un giudice, l'abc della
protezione civile?
Ma
quanto appreso in convegni e corsi, frutto di studi scientifici, non si
cancella di certo con una sentenza che, peraltro, sta facendo discutere mezzo
mondo, attirando sul nostro Paese la sorpresa di grandi esperti in materia
sismica.
Mettendo
ordine nel mio archivio mi è capitato tra le mani il materiale di corsi e
convegni di protezione civile cui ho partecipato negli anni. Il primo fu un
seminario che seguii a Roma nel 1999. Come cronista che si era formata nei
tragici avvenimenti dell'alluvione del 1996 in Versilia e Garfagnana, il tema
protezione civile e comunicazione mi destava forte interesse, tanto da
partecipare a quel seminario di aggiornamento per giornalisti sul tema
"Ambiente, territorio, protezione civile. L’informazione nei casi di
emergenza", organizzato dal Centro Studi della Federazione nazionale della
stampa italiana in collaborazione con il Dipartimento nazionale di Protezione
civile.
Non
è stata l'unica esperienza del genere, essendomi cimentata per anni su questi
temi, occupandomi di protezione civile nel mio comune, svolgendo la funzione di
tutor in un corso di formazione professionale per operatori di protezione
civile, seguendo un corso per addetti di sala operativa per conto della
Provincia di Lucca, dove ho ricoperto per anni l'incarico di addetta stampa.
In
ogni corso e in ogni convegno è sempre stato spiegato che i terremoti non sono
prevedibili e, se lo fossero, credo che i Paesi esposti a un alto rischio si
sarebbero organizzati da tempo. Vogliamo pensare alle conseguenze del
disastroso terremoto di Fukushima?
Dunque
i membri della commissione grandi rischi avrebbero rassicurato gli abitanti de L'Aquila,
preoccupati per le numerose scosse avvertite, sottovalutando l'ipotesi di un
terremoto disastroso che si verificò nella notte del 6 aprile del 2009 e causò
309 vittime.
Secondo questa discutibile espressione della giustizia, esperti e scienziati avrebbero
fornito "informazioni inesatte, incomplete e contraddittorie" in
merito alla pericolosità di quelle precedenti scosse, tanto da essere
condannati a sei anni per omicidio colposo plurimo e lesioni colpose.
Ma
se i terremoti non sono prevedibili? Non importa, la giustizia si è espressa
forse con il desiderio di dare una giustizia a quei morti ma non la giustizia.
Di
certo da oggi la protezione civile rischia di essere più povera e spaventata
per una sentenza che disorienta e preoccupa per le tante ripercussioni che
potrà avere.
E
adesso dovranno stare attenti anche i meteorologi: se le loro previsioni non
saranno abbastanza allarmanti da dissuadere la gente dall'uscire per andare al
lavoro, a scuola o in palestra, un nubifragio, una frana, la caduta di qualche
albero con relative vittime, potrebbe portare anche loro a una condanna?
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