Paolo Gabriele durante il processo |
Non essendo stato proposto appello alla sentenza nei termini previsti, il
Promotore di giustizia, su mandato del presidente del Tribunale, ha
disposto la reclusione di Gabriele che stanotte passerà la prima notte da detenuto, sempre in Vaticano.
A darne notizia è stato il direttore della Sala Stampa vaticana padre Federico
Lombardi.
Sempre oggi è stato diffuso anche un comunicato stampa della Segreteria di
Stato. Questo il testo:
"La sentenza del processo contro Paolo Gabriele, ora passata in
giudicato, mette un punto fermo su di una vicenda triste, che ha avuto
conseguenze molto dolorose.
È stata recata un'offesa personale al Santo Padre; si è violato il diritto alla
riservatezza di molte persone che a Lui si erano rivolte in ragione del proprio
ufficio; si è creato pregiudizio alla Santa Sede e a diverse sue istituzioni;
si è posto ostacolo alle comunicazioni tra i Vescovi del mondo e la Santa Sede
e causato scandalo alla comunità dei fedeli. Infine, per un periodo di parecchi
mesi è stata turbata la serenità della comunità di lavoro quotidianamente al
servizio del Successore di Pietro.
L'imputato è stato riconosciuto colpevole al termine di un procedimento
giudiziario che si è svolto con trasparenza, equanimità, nel pieno rispetto del
diritto alla difesa. Il dibattimento ha potuto accertare i fatti, appurando che
il Sig. Gabriele ha messo in atto il suo progetto criminoso senza istigazione o
incitamento da parte di altri, ma basandosi su convinzioni personali in nessun
modo condivisibili. Le varie congetture circa l'esistenza di complotti o il
coinvolgimento di più persone si sono rivelate, alla luce della sentenza,
infondate.
Con il passaggio della sentenza in giudicato il Sig. Gabriele dovrà scontare
il periodo di detenzione inflitto. Si apre inoltre a suo carico la procedura
per la destituzione di diritto, prevista dal Regolamento Generale della Curia
Romana.
In rapporto alla misura detentiva rimane l'eventualità della concessione
della grazia, che, come ricordato più volte, è un atto sovrano del Santo Padre.
Essa tuttavia presuppone ragionevolmente il ravvedimento del reo e la sincera
richiesta di perdono al Sommo Pontefice e a quanti sono stati ingiustamente offesi.
Se rapportata al danno causato, la pena applicata appare al tempo stesso
mite ed equa, e ciò a motivo della peculiarità dell'ordinamento giuridico dal
quale promana".
Nessun commento:
Posta un commento