La storia della sparizione di Emanuela Orlandi è dolorosa. Lo è sempre stata, da quel 22 giugno del 1983 quando di lei si persero le tracce in una Roma di inizio estate.
Uno dei tanti casi irrisolti nella storia italiana, con una particolare vena inquietante che, in questi quaranta anni, ha sempre lambito il Vaticano, con sospetti più o meno fondati che portavano a responsabilità od omissioni all’interno delle Mura leonine.
Un cold case che non è mai passato in secondo piano, grazie all’infaticabile lavoro di ricerca della verità condotto dal fratello Pietro. Espressione di un amore per la sorella e per la verità. Quella che attendiamo tutti da quattro decadi a questa parte.
Una brutta vicenda che ha investito anche la Chiesa, non solo per il fatto che la quindicenne Emanuela era cittadina vaticana ma soprattutto perché qualche pista sembra portare verso lo stato Vaticano. Non è ben chiaro come la verità sia rimasta in tutti questi anni latitante, nella giustizia italiana e in quella vaticana.
Forse lo potremmo sapere grazie a questa riapertura dell’inchiesta che ha visto ieri un lunghissimo incontro tra Pietro Orlandi e il promotore di Giustizia della Santa Sede, Alessandro Diddi. Partendo anche da lì saranno battuti i vari sentieri, in ogni direzione, senza tener conto di posizioni gerarchiche, aprendo qualsiasi porta si renda necessario spalancare, alla ricerca della verità. Un metodo di lavoro a tutto campo, si apprende, voluto da papa Francesco e dal Segretario di Stato Pietro Parolin per portare allo scoperto la verità. Se dovesse albergare nelle sacre stanze e qualunque essa sia.
Ma cosa è successo in tutti questi anni? Chi sapeva? Chi ha coperto chi? Perché non si è andati a fondo di eventi così gravi? Pensare alle ipotetiche connivenze ferisce nel profondo.
Ferisce tutti, i non credenti ma soprattutto chi crede in Dio e nella sua, nella nostra Chiesa.
Questo tentativo di sollevare il velo dell’oblio suscita gratitudine verso papa Francesco che ha favorito questo passo, dal quale c’è da attendersi magari dolore e disorientamento ma che si rende indispensabile, per non ammucchiare ancora ombre su una verità da troppo tempo sepolta.
Allora soffermiamoci intanto sulla soglia di questa indagine e sulla “volontà di chiarezza”, ora finalmente percepita distintamente da Pietro Orlandi.
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