sabato 18 marzo 2023

LA MEMORIA CHE RENDE ETERNI

La memoria è consolazione, è gratitudine ed è persino anelito di eternità. 
Lo pensavo questa mattina, partecipando alle cerimonie di commemorazione di due piloti di Canadair, Stefano Bandini e Claudio Rosseti, morti diciotto anni fa mentre facevano la spola tra le colline del comune di Seravezza, in Versilia, e il mare che dista pochi chilometri. 
Il velivolo era stato inviato per spegnere un incendio che si stava pericolosamente estendendo. 
Era il 18 marzo del 2005. Avanti e indietro, per scaricare acqua sul fronte del fuoco e domare le fiamme. 
Un’operazione che i due comandanti piloti erano ben avvezzi a fare, grazie alla loro esperienza e professionalità. Mentre stavano sorvolando il territorio, puntando di nuovo verso il mare di Forte dei Marmi, urtarono accidentalmente contro i cavi dell’alta tensione. Un forte rumore e il velivolo che comincia a prendere fuoco. 
Stefano Bandini, 38 anni di Teramo, e Claudio Rosseti, 44 anni di Siena, proseguirono con l’obiettivo di arrivare sino al mare, per un atterraggio di emergenza. A poca distanza dalla spiaggia, si resero conto che non sarebbero probabilmente riusciti in questa operazione di salvezza, così andarono volontariamente a precipitare all’interno di un terreno interessato da un cantiere edile, per non mettere a repentaglio altre vite. Vissi quel dramma, prima dalla finestra di casa da cui vidi alzarsi, nella direzione dello schianto, un denso fumo nero. Poi sul posto, dove mi recai immediatamente per il mio lavoro. Dai rilievi, emerse chiaramente la dinamica dell’incidente: i due piloti erano andati a schiantarsi in un punto dove minori potevano essere i danni (infatti non ci fu alcuna altra vittima). Salvarono in questo modo chissà quante vite, basti pensare che a poche decine di metri c’è una casa di cura.
Per loro, invece, non ci fu niente da fare, morirono sul colpo tra le lamiere del velivolo avvolto dalle fiamme.
Assistetti direttamente anche allo strazio dei familiari, arrivati all’Ospedale Versilia per il riconoscimento di quei due ragazzi. Ricordo in particolare il padre di uno di loro, scene e parole che è giusto rimangano nel cassetto più intimo dei ricordi, per un doveroso senso di rispetto verso quell’immenso dolore.

Gli anni trascorsi lontano dalla Versilia non mi hanno mai permesso di partecipare alle commemorazioni. L’ho fatto questa mattina, non solo per dovere lavorativo ma anche con il desiderio di esserci. Ho così conosciuto la madre di Claudio raccogliendo la gratitudine della sua famiglia e di quella di Stefano, per questo ricordo che rimane ancora così vivo.
Lo stesso sentimento è stato espresso dai piloti del Gruppo Volo Canadair che hanno rimarcato come in Versilia il ricordo dei loro compagni abbia lunga vita.

Coltivare la memoria non è solo un esercizio di cronaca che si fa storia ma è anche mantenere lucide le corde dell’identità territoriale che è fatta di tanti eventi, grandi e piccoli, gioiosi e tragici. È anche ripetere con convinzione gesti di gratitudine per chi ha perso la vita al servizio della comunità e, non ultimo, significa pure far crescere la consapevolezza sui pericoli che derivano da comportamenti imprudenti, facendo in modo che si impari a tutelare se stessi e le comunità nelle quali viviamo. 
“Claudio non c’è più ma questo ricordo con affetto è molto bello, non so se altrove accade quanto in Versilia” mi diceva stamani la madre. 

È vero, la morte non concede di fare un passo indietro per ripetere la scena ma la memoria può dargli scacco, procedendo speditamente sulla strada del ricordo, commemorando ogni anniversario,  diffondendo il senso di gratitudine per tutti quei servitori dello Stato, dalle forze dell’ordine ai volontari, che sono sempre pronti a intervenire su ogni emergenza e, quando necessario, a barattare la loro vita per la salvezza altrui.

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