Sono le richieste che i giovani missionari,
partecipanti alla XXIX Assemblea missionaria francescana, rivolgono al Sinodo
dei Vescovi, in programma nel prossimo mese di ottobre.
Un’importante occasione
di incontro e di confronto quella vissuta al Seraphicum dal 31 gennaio al 3
febbraio, promossa dal Centro missionario francescano, diretto da fra Paolo
Fiasconaro (OFMConv). Giorni ricchi di testimonianze, di emozioni e di progetti
condivisi. Nel programma anche una tavola rotonda sul tema “Giovani, testimoni
della speranza, missionari in Perù”, dedicata a ragazzi che - dal 6 al 30
agosto del 2017 - hanno vissuto una intensa esperienza missionaria in Perù, nei
luoghi e tra le popolazioni che hanno conosciuto il servizio e il martirio di
due giovani frati minori conventuali polacchi, Michael Tomaszek e Zbigniew
Strzalkowski (nella foto) uccisi nel
1991 (come don Sandro Dordi) dai guerriglieri di “Sendero Luminoso” in quanto
ritenuti scomodi per la loro opera di evangelizzazione e di aiuto alla gente.
Sui passi di questi martiri, beatificati il 5 dicembre del 2015, si sono messi
Francesca Lion, Marco Padroni, Luigi Di Martino e Juan Risco, un ritorno a casa
per quest’ultimo, di nazionalità peruviana ma attualmente impegnato in studi
teologici in Spagna. Betlemme è stata, invece, la meta di Elisa Pieri dove ha
trascorso tre mesi di volontariato. La tavola rotonda ha dato ai giovani voce
anche per esprimere le loro richieste ai Vescovi che parteciperanno al Sinodo
sul tema “I giovani, la fede e il discernimento vocazionale”. Dal cuore del
Perù, come emergenza della società ispano-americana, si alza la richiesta di
Juan Risco perché venga sempre e comunque messa al centro di ogni azione, anche
di sensibilizzazione, la dignità delle persone, di tutte le persone.
Ad auspicare una Chiesa sempre più missionaria è Francesca
Lion (al centro, nella foto) che
intravede l’urgenza di portare il Vangelo in ogni realtà che ci circonda, anche
quelle più vicine a noi. Sul piano della missionarietà nelle periferie del
mondo, per usare una espressione cara a papa Francesco, la richiesta è di
incentivare veri e propri percorsi che consentano sia la formazione sia
l’accompagnamento nel periodo successivo a una missione. Una richiesta che
nasce dall’esperienza vissuta in prima persona: «i frutti da raccogliere dopo
una missione - precisa Francesca - sono sempre tanti ma il rischio e la paura
che io ho provato quando sono tornata, sono stati di perdermi qualcosa, di non
riuscire a fare pienamente tesoro di quanto vissuto. Per questo lavorare a un
accompagnamento, proprio in questa fase del rientro, sarebbe estremamente
importante”.
A Francesca, così come a Marco Padroni - impegnato a Brescia nel cammino di postulantato
tra i frati minori conventuali - non sfugge la necessità di una maggiore
comunicazione tra le diverse realtà. Una richiesta che viene avanzata
coralmente, con l’auspicio che nei lavori sinodali - oltre a trovare spazio
adeguato la realtà missionaria come cammino per una maturazione di vita e di
fede per tanti giovani - si possa andare verso un sistema improntato a un
collegamento e a una proficua collaborazione tra le varie organizzazioni. Una
richiesta che in Marco nasce da esperienze dirette nella quali ha constatato la
mancanza di un collante e coordinamento tra le tante realtà - religiose e
laiche - impegnate nelle missioni, in ogni parte del mondo.
«Sarebbe un grande
frutto del Sinodo - sottolinea - se, partendo proprio dall’impegno di noi
giovani, si riuscisse a dare un forte segnale in questo senso, una svolta
attesa per costruire una rete di realtà religiose, diocesane, organizzazioni
non governative e via dicendo, impegnate in modo coordinato nella creazione di
nuovi progetti missionari». Il Sinodo viene insomma percepito come una grande
occasione per richiamare attenzione anche sui giovani missionari che non
vogliono essere dipinti come supereroi ma che sono sicuramente persone con un
cuore grande. «Quando racconto la mia esperienza a qualcuno che è un po’ più
grande di me - spiega Luigi Di Martino - si sorprende, quasi fossi appunto un
supereroe. Eppure siamo tanti, conosco molti giovani che hanno fatto esperienze
simili, a livello missionario o di volontariato».
Un vero e proprio patrimonio che attende un crescente lavoro
di regia da parte della Chiesa, al di là dell’ottimo supporto formativo e
organizzativo svolto da tante singole realtà, come quella dei frati minori
conventuali. «Quello che, personalmente, mi sento di chiedere al Sinodo -
aggiunge Elisa Pieri - è che la Chiesa abbia la pazienza di continuare a
provocare noi giovani per far sì che il desiderio di adoperarci in prima
persona, che tutti abbiamo più o meno marcato, possa essere avvertito da ognuno
come qualcosa di cui non si può fare più a meno». Che la missione rappresenti
una strada per consentire ai giovani di iniziare un percorso di impegno
veramente significativo, lo sottolinea anche Valerio Folli, frate minore conventuale,
segretario del Centro missionario provinciale della Provincia Italiana di
Sant’Antonio.
«Ci sono tanti giovani che cercano di dare un senso alla loro
vita - spiega - e che vogliono essere nella Chiesa senza protagonismo ma in
modo vivo, vero e autentico. La missione è appunto un prezioso strumento per
questi giovani che la scoprono come una parte importante del loro cammino di
fede. In attesa del Sinodo, credo che il nostro impegno sia di ascoltarli e di
accompagnarli stando - come si legge nella Evangelii
Gaudium - qualche volta davanti a loro per indicare la strada, a volte in
mezzo in segno di vicinanza e talvolta dietro, per aiutare chi rimane indietro
ma anche per osservare le strade che l’istinto consiglia loro».
Da San Bonaventura informa n. 61 - febbraio 2018
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