Due episodi, la voce
del crocifisso e il sogno di Innocenzo III, che fanno riflettere
sulla Chiesa di questi tempi, imponendo a tutti noi una
considerazione su quanto siamo volenterosa manovalanza nella
riparazione della Chiesa e quanto, invece, spettatori incuriositi a
scorgere e commentare i ricorrenti venti che sembrano addensare nubi
tempestose sul recinto di Pietro.
In un approccio alla
fede oggi più consapevole, frutto di studio e venato di razionalità,
rispetto al medioevo, quale messaggio può arrivare da quel
crocifisso al quale siamo debitori della straordinaria passione
evangelica del Poverello?
Una copia di
quell’opera è giunta, nel tempo natalizio, in Versilia per
rimanere esposta alla devozione dei fedeli nella chiesa di San
Francesco a Vittoria Apuana, nel comune di Forte dei Marmi (nella foto).
Cosa può dirci oggi
questa icona, nel silenzio di una chiesa? Me lo sono domandato
fissandola a lungo e cercando di comprendere cosa ci chiede oggi,
fuori dal contesto assisano dove tutto è ammantato dalla storia e da
una spiritualità che rappresenta una strada battuta, una sorta di
garanzia esperienziale sui passi percorsi con coraggio da Francesco,
dai primi compagni, da Chiara e dalle sue consorelle.
Come possiamo riparare oggi una Chiesa che vediamo attraversata da deleterie correnti che ben poco hanno a che fare con la fede? Tra lotte di potere che sviliscono il messaggio cristiano, nascondendosi dietro etichette e faziose contrapposizioni, come può essere riparata e sorretta la nostra Chiesa?
Dinanzi a un linguaggio aggressivo e privo di rispetto verso il vicario di Cristo, dove è finita l’obbedienza e la reverenza che frate Francesco prometteva al “signor papa Onorio e ai suoi successori canonicamente eletti e alla Chiesa romana”? (Regola bollata del 1223 - FF76, disposizione peraltro già presente nella Regola non bollata di due anni prima, confermata da papa Innocenzo III - FF3).Ci sono teorie che ci hanno insegnato come la storia abbia un carattere ciclico e allora perché non ripartire proprio da quel crocifisso e dal suo accorato appello? Mettersi in ascolto con il cuore di frate Francesco può essere il primo passo per un approccio di umiltà, perla rara in un contesto sociale (ma anche ecclesiale) poco propenso ad accogliere indicazioni, percepite piuttosto come attentati alla propria libertà, sapienza e superiorità.
Riprendere in mano
la vita del Poverello, in questi anni nei quali si celebreranno
diversi ottavi centenari, potrebbe essere un buon esercizio per
imparare o rispolverare i suoi principi carismatici. Come la
semplicità evangelica che ridimensioni ego spesso carrieristici
anche all’interno della Chiesa, la perfetta letizia come risposta
paziente e gioiosa alle tribolazioni e ai soprusi, la minorità come
stile relazionale nei confronti di qualsiasi altra creatura, la
spogliazione non come privazione e impoverimento ma arricchimento
praticato nel liberarsi del superfluo per fare posto all’essenziale,
la fraternità per imparare davvero cosa significhi essere Chiesa.
Il peso che frate
Francesco si ritrovava sulle spalle era decisamente più impegnativo
di rimettere a posto qualche pietra e tegola, divenendo ben presto -
con il suo stile da “Vangelo sine glossa” - non solo un prezioso
puntello ma una vera e propria colonna della Chiesa, grazie alla sua
dirompente personalità e spiritualità capaci di dare una
testimonianza credibile e, quindi, di generare una fraternitas
che avrebbe attecchito in tutto il mondo.
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