domenica 8 gennaio 2023

RIPARTIRE DAL CROCIFISSO DI SAN DAMIANO

«Francesco, va', ripara la mia casa che, come vedi, è tutta in rovina» (FF593). 
È dinanzi al crocifisso di San Damiano, in Assisi, che frate Francesco ricevette il suo mandato missionario che assolse, in un primo momento, mettendo concretamente mano alla riparazione di quella piccola costruzione, finendo poi ben presto per sostenere con la sua fede e credibilità la Chiesa tutta, struttura istituzionale e terreno in cui coltivare quotidianamente i principi evangelici.
Era il 1205 quando il giovane e ribelle figlio di Pietro di Bernardone si ritrovò dinanzi all’invito impartito da quel crocifisso che dal 1257 è esposto alla venerazione dei fedeli nella basilica di Santa Chiara di Assisi.
Non a caso papa Innocenzo III, come ci raccontano le fonti francescane e uno degli affreschi giotteschi nella basilica superiore di Assisi, aveva sognato quel fraticello che reggeva la basilica del Laterano prossima alla rovina, emblema di una Chiesa in affanno, ravvisandovi «colui che con l’azione e la parola sosterrà la Chiesa di Cristo» (FF 603).

Due episodi, la voce del crocifisso e il sogno di Innocenzo III, che fanno riflettere sulla Chiesa di questi tempi, imponendo a tutti noi una considerazione su quanto siamo volenterosa manovalanza nella riparazione della Chiesa e quanto, invece, spettatori incuriositi a scorgere e commentare i ricorrenti venti che sembrano addensare nubi tempestose sul recinto di Pietro.
In un approccio alla fede oggi più consapevole, frutto di studio e venato di razionalità, rispetto al medioevo, quale messaggio può arrivare da quel crocifisso al quale siamo debitori della straordinaria passione evangelica del Poverello?

Una copia di quell’opera è giunta, nel tempo natalizio, in Versilia per rimanere esposta alla devozione dei fedeli nella chiesa di San Francesco a Vittoria Apuana, nel comune di Forte dei Marmi (nella foto).
Cosa può dirci oggi questa icona, nel silenzio di una chiesa? Me lo sono domandato fissandola a lungo e cercando di comprendere cosa ci chiede oggi, fuori dal contesto assisano dove tutto è ammantato dalla storia e da una spiritualità che rappresenta una strada battuta, una sorta di garanzia esperienziale sui passi percorsi con coraggio da Francesco, dai primi compagni, da Chiara e dalle sue consorelle.

Come possiamo riparare oggi una Chiesa che vediamo attraversata da deleterie correnti che ben poco hanno a che fare con la fede? Tra lotte di potere che sviliscono il messaggio cristiano, nascondendosi dietro etichette e faziose contrapposizioni, come può essere riparata e sorretta la nostra Chiesa? 

Dinanzi a un linguaggio aggressivo e privo di rispetto verso il vicario di Cristo, dove è finita l’obbedienza e la reverenza che frate Francesco prometteva al “signor papa Onorio e ai suoi successori canonicamente eletti e alla Chiesa romana”? (Regola bollata del 1223 - FF76, disposizione peraltro già presente nella Regola non bollata di due anni prima, confermata da papa Innocenzo III - FF3). 

Ci sono teorie che ci hanno insegnato come la storia abbia un carattere ciclico e allora perché non ripartire proprio da quel crocifisso e dal suo accorato appello? Mettersi in ascolto con il cuore di frate Francesco può essere il primo passo per un approccio di umiltà, perla rara in un contesto sociale (ma anche ecclesiale) poco propenso ad accogliere indicazioni, percepite piuttosto come attentati alla propria libertà, sapienza e superiorità.

Riprendere in mano la vita del Poverello, in questi anni nei quali si celebreranno diversi ottavi centenari, potrebbe essere un buon esercizio per imparare o rispolverare i suoi principi carismatici. Come la semplicità evangelica che ridimensioni ego spesso carrieristici anche all’interno della Chiesa, la perfetta letizia come risposta paziente e gioiosa alle tribolazioni e ai soprusi, la minorità come stile relazionale nei confronti di qualsiasi altra creatura, la spogliazione non come privazione e impoverimento ma arricchimento praticato nel liberarsi del superfluo per fare posto all’essenziale, la fraternità per imparare davvero cosa significhi essere Chiesa.
Il peso che frate Francesco si ritrovava sulle spalle era decisamente più impegnativo di rimettere a posto qualche pietra e tegola, divenendo ben presto - con il suo stile da “Vangelo sine glossa” - non solo un prezioso puntello ma una vera e propria colonna della Chiesa, grazie alla sua dirompente personalità e spiritualità capaci di dare una testimonianza credibile e, quindi, di generare una fraternitas che avrebbe attecchito in tutto il mondo.

Nessun commento:

Posta un commento