sabato 21 gennaio 2023

L'ABBRACCIO COME STILE RELAZIONALE

L’abbraccio è per antonomasia il gesto simbolo dell’accoglienza e, conseguentemente, dell’affetto e dell’amore. Se ne parla sempre tanto il 21 gennaio, giorno in cui viene celebrato a livello mondiale, in una delle numerose Giornate che vogliono richiamare l’attenzione su argomenti, valori, istituzioni, oggetti, sentimenti e tanto altro ancora. Tra tutte quelle date riconosciute dall’ONU, alle quali si aggiungono quelle fissate dalla Chiesa e quelle celebrate dal variegato mondo dell’associazionismo, l’abbraccio finisce quasi per rimanere sommerso. 

Alla fine della giornata celebrativa conserviamo sicuramente qualche post che sui social ha attratto la nostra curiosità, qualche passaggio di un articolo, i consueti elenchi dei benefici per la salute come naturale terapia contro l’ansia e lo stress. 

Ma l’abbraccio merita molto di più di questa celebrazione annuale, innanzitutto divenendo uno stile relazionale nelle nostre giornate. L’abbraccio è un gesto discreto e, al contempo, estremamente efficace, declinabile sulla base del rapporto che intercorre con la persona alla quale lo destiniamo. 

Si tratta decisamente del gesto più inclusivo che possiamo fare, forse perché richiede prima di tutto l’apertura delle braccia, atteggiamento emblematico che rimanda all’accoglienza, alla condivisione di uno spazio comune, alla vicinanza, alla disponibilità a farsi prossimi.

I social ci hanno abituato a una comunicazione sempre più mediata, rosicando spesso le nostre attenzioni anche quando ci troviamo in presenza e, paradossalmente, finendo spesso per prediligere lo spazio virtuale a quello reale. Eppure è evidente che gli abbracci, detti o espressi con un emoticon, non potranno mai portare con sé il calore del gesto concreto.

Il momento nel quale abbiamo avvertito maggiormente l’importanza degli abbracci è stato quello della pandemia, quando era vietato avvicinarci l’uno all’altro. Mesi nei quali ci siamo mossi come se avanzassimo su binari paralleli. Niente incontri, niente gesti di affetto, vietati ancor più ai soggetti fragili, eppure i più bisognosi, salutati da lontano, abbracciati attraverso la triste ed asettica barriera di teli di nylon, di guanti di lattice.

Il primo abbraccio che mi ha fatto comprendere il suo pieno valore, come gesto che arricchisce nella reciprocità, è quello di frate Francesco d’Assisi al lebbroso. Un abbraccio dal valore dirompente, non attendendo che fosse l’altro ad avvicinarsi ma scegliendo lui stesso di andargli  incontro, vincendo la repulsione, la paura, il pregiudizio. Sino a stringere in quell’abbraccio il lebbroso e, al contempo, a ritrovarsi lui stesso un uomo nuovo. 

L’abbraccio, dunque, come gesto di accoglienza, di piena accettazione del diverso, di conciliazione anche dinanzi a profonde divergenze. È  ancora una volta Francesco d’Assisi a raccontarci la forza dell’abbraccio come strumento di riconciliazione tra il vescovo di Assisi e il podestà che, sulla scia di una strofa sul perdono del Cantico delle creature, sciolgono il gelo del risentimento in un abbraccio liberatorio. 

Quello che sogniamo oggi, tra i contendenti che muovono senza tanti scrupoli sullo scacchiere mondiale le loro pedine militari, minacce e deliri di onnipotenza. Un semplice abbraccio potrebbe salvare il mondo, se solo trovasse il modo di farsi largo il vero senso della vita. 

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