Assisi ospiterà, dal
12 al 19 agosto, l’8° International Meeting Giovani verso Assisi sul tema “Fatti per risplendere. La
bellezza della santità”, un appuntamento che richiamerà centinaia di ragazzi da
ogni parte del mondo che avranno modo di riflettere e confrontarsi sul tema
della santità, tra la città del Poverello e Roma.
Un evento nato nel 1980 come ritrovo a carattere nazionale e poi esteso a tutti i Paesi. Dal 2015 ne è responsabile fra Simone Tenuti, OFMConv, (nella foto), direttore del Centro francescano “Giovani di Assisi” e da anni impegnato attivamente nella pastorale giovanile.
Fra Simone, la
manifestazione è visibilmente cresciuta negli anni. Cosa vengono a cercare i
giovani ad Assisi?
La ricerca che si fa ad Assisi è sostanzialmente di
ripercorrere l’esistenza di Francesco ma aggiornata all’oggi, inoltre quello
che ho potuto constatare negli anni e che mi è stato testimoniato da molti, è
la ricchezza di un senso di fraternità che nasce con immediatezza tra giovani
provenienti da ogni pa
rte del mondo. Ecco che questa esperienza rappresenta una
crescita nella fede ma anche nella fraternità non come un’idea astratta ma come
un incontro tra persone di differenti nazionalità, culture e anche approcci
alla fede. Con un tratto però comune a tutti: la condivisione della stessa fede
e della stessa spiritualità che è quella di Francesco.
Ha notato differenze
nel modo in cui i giovani, provenienti anche da Paesi tanto diversi, si
rapportano verso la figura di Francesco?
Sì, c’è una differenza abbastanza grande a livello di
approccio in generale alla fede e quindi anche alla figura di Francesco,
proprio a livello culturale. È molto diverso, ad esempio, tra i ragazzi che
vengono dagli Stati Uniti e quelli provenienti dall’est Europa. È diverso il
modo di pregare, di comportarsi, di approcciarsi ai vari momenti di
condivisione come alle celebrazioni. In altre parole, c’è qualcuno che ama di
più una animazione con canti e gesti e altri che hanno una sensibilità più
portata al raccoglimento e al silenzio. E questo non solo a livello personale
ma proprio culturale. Per fare un esempio, l’estate scorsa ho partecipato in
Polonia a una veglia di preghiera di giovani polacchi con l’esecuzione
dell’inno Akathistos, dedicato a
Maria. Una veglia che, proprio per le sue modalità di svolgimento, non rientra
nelle abitudini dei ragazzi italiani.
Avete un feedback sia
di come si sono sviluppati negli anni i rapporti tra i giovani che hanno
vissuto questo clima di fraternità, sia anche per quanto attiene ai cammini
personali di fede, di scelte di vita?
Solitamente i giovani, al rientro nei loro Paesi,
condividono questa esperienza di fede con i coetanei e tra gli stessi
partecipanti rimane un contatto aperto, indubbiamente adesso facilitato
dall’utilizzo dei social network. Per quanto concerne i cammini personali, c’è
chi a partire da questo incontro ha iniziato seriamente un percorso vocazionale
o l’aveva appena iniziato e questo appuntamento assisano ha rappresentato la
spinta determinante. Ne abbiamo un esempio al Sacro Convento con un novizio
spagnolo che aveva preso parte all’ultimo meeting internazionale e, proprio lì,
ha avuto la spinta forte per proseguire la propria ricerca vocazionale, in
questo caso la vita consacrata. Ovviamente ci sono storie molto diverse tra
loro.
Da anni segue i
giovani nei loro percorsi, dubbi, domande, scelte di vita. Pensa che la
vicinanza a Francesco dia qualcosa di diverso rispetto a un discernimento
condotto in altri luoghi?
Qui l’ambiente senz’altro aiuta, quella che si dice la
“grazia del luogo” ma questa deve essere solo una tappa nel proprio cammino di
fede in Gesù Cristo. Se è una tappa iniziale o intermedia allora va bene perché
il discernimento richiede tanto tempo, tanta pazienza e molta costanza. Un
luogo, quindi, può offrire un aiuto più forte ma non è determinante. Se si
rimane legati solo a un posto, nella fattispecie Assisi, la cosa è destinata a
non funzionare. Qualche giorno fa ho incontrato delle coppie di fidanzati che
avevano fatto un ritiro ad Assisi, per poi tornare a confrontarsi con le sfide
delle loro quotidianità. Mi raccontavano di come quel ritiro sia stato
determinante per le loro scelte di vita, tanto che una coppia si è già sposata
e altre due si sposeranno a breve. Questo a dimostrazione del fatto che hanno
avuto una accelerazione nel loro cammino, in questo caso per la costruzione di
una famiglia.
Da un anno è aperto
ad Assisi il Santuario della spogliazione che richiama al gesto con cui
Francesco si è liberato dei beni ma anche di un certo tipo di esistenza. La
spogliazione, dunque, è un elemento chiave nella storia e nella spiritualità
francescana. Oggi i modelli della società dettano invece le logiche dell’accumulo
e del predominio. Come può essere incarnato da un giovane, nell’attuale
contesto, lo stile di vita di Francesco?
Mi sembra che, in generale, i giovani siano attratti dalla
riscoperta della semplicità e del silenzio per il quale sembra non si riesca
più ad avere tempo e già questo bisogno che spesso manifestano è decisamente
importante.
Sempre più i ragazzi finiscono per essere schiavi dei ritmi
serrati, bombardati da tanti stimoli ma anche auto-schiavizzati da un uso senza
limiti del cellulare. Una cosa che viene loro chiesta, venendo qui, è di
limitare l’uso del telefonino, una esperienza che fa scoprire loro un mondo
particolare, comprendendo che si può vivere anche senza e imparando quindi a
limitarne l’utilizzo. Questa spogliazione molto concreta dell’uso del cellulare
fa sì che i giovani si rendano conto del tempo prezioso che possono dedicare
effettivamente alla preghiera, al silenzio, all’ascolto, anche di se stessi. E
questa è una cosa che noi frati abbiamo visto e sperimentato molte volte.
Nelle scorse
settimane è stata pubblicata Gaudete et
exsultate, l’esortazione apostolica di papa Francesco sulla chiamata alla
santità nel mondo contemporaneo. Un documento che si inserisce appieno nella
tematica di questa edizione...
Provvidenzialmente avevamo pensato di parlare proprio di
santità in questo meeting internazionale, una decisione presa nel gennaio
dell’anno scorso per consentire ai giovani di tutto il mondo di riscoprire che
la santità - e la santità di Francesco - sono strade percorribili per tutti.
Anzi, proprio il cristiano è chiamato alla santità, chi vive fino in fondo il
suo essere cristiano è santo. Probabilmente ciò, anche come linguaggio, non
rappresenta proprio un automatismo. È interessante la rilettura di Francesco
come l’alter Christus, quindi come
somigliantissimo a Gesù ma anche come vero cristiano. Io spiego sempre che se
si è battezzati e poi cresimati con il crisma, anche noi siamo chiamati a
diventare altri “Cristi”.
Come verrà articolato
il tema della santità durante le giornate del meeting?
C’è una bellezza alla quale siamo chiamati che è appunto la
santità, il Signore ci ha fatti per ciò, per risplendere come richiama una
frase di san Paolo. Abbiamo pensato di riscoprire il battesimo per comprendere
qual è la nostra vocazione alla santità. E per questo abbiamo scelto come icona
biblica Atti degli Apostoli, 8 quando Filippo incontra l’eunuco che sta
viaggiando e legge il passo del profeta Isaia. Quindi abbiamo pensato di
ripercorrere l’esperienza di questi due personaggi in modo tale che, in un
certo senso, Filippo sia un po’ impersonato qui da Francesco che accompagna
ciascuno dei ragazzi nella comprensione. Filippo arriva e sparisce, quindi
anche noi abbiamo detto: questi ragazzi arrivano qui e poi torneranno a casa.
Francesco non sarà sempre fisicamente nella loro vita: una volta finito il
meeting dovranno fare come l’eunuco e ripartire, continuare a percorrere la
loro strada alla scoperta della santità. E quello sarà il momento determinante:
un conto è viverla qui per una settimana, un conto è farlo nella propria
quotidianità.
Come percepisce
l’atteggiamento della Chiesa verso i giovani, quali sono i limiti e quali le
potenzialità? I giovani sono
solitamente critici verso le istituzioni, di ogni tipo. Avverte il rischio di
uno scollamento che porti ad aderire ad altre religioni o a vivere altre
esperienze?
Dicono gli esperti che, almeno in Italia ma credo che ciò
valga anche altrove, i giovani hanno sete di spiritualità ma vanno a cercarla
come fossero in un supermercato. Aderiscono a chi fa l’offerta migliore e,
effettivamente, talvolta ho riscontrato anche io questo atteggiamento. A mio
parere la sfida che deve portare avanti la Chiesa è di fare una proposta seria
– e in questo problemi non ne abbiamo, Gesù Cristo quello è – forse il problema
è più a livello di comunicazione, ovvero come imparare a ridire la fede
attraverso un linguaggio e categorie diverse.
Quindi da una parte abbiamo una
storia molto grande e preziosa che, dall’altra parte, può rappresentare un
freno se non viene reinculturata. A mio parere i Padri della Chiesa, nei primi
secoli, hanno fatto un’operazione enorme, ovvero inculturare la fede con
categorie di allora nel mondo greco-romano principalmente. Anche noi, oggi,
dobbiamo fare questa fatica, non confidando nel vivere di rendita. Questo è il
primo aspetto necessario, a livello sociale. Ce n’è anche un altro, cioè il
fatto che i giovani impegnati hanno il desiderio di approfondire la vita di
fede, anche sul piano ecclesiale. A livello di Chiese locali, qualche volta
vedo il pericolo di ingrassare la pecora che è lì e di lasciare incustodite le
altre novantanove che stanno fuori. In generale i giovani sono anche ben
disposti, purtroppo il problema – e parlo dell’Italia che conosco meglio – sta
nel calo numerico del clero. I preti hanno sempre meno tempo per le cose
effettivamente fondamentali, come ascoltare le persone, mentre la comunità
cristiana in generale ha ancora la mentalità che se non c’è il sacerdote allora
non si può fare niente.
Quali sono le sue
attese per il Sinodo sui giovani di ottobre?
Penso che il prossimo Sinodo, più che a livello di Chiesa
universale, sia importante per ogni comunità locale, perché partendo dalla
riflessione sui giovani si torni a investire sulla loro educazione. La cosa più
interessante è che, mettendo a tema i giovani, tutta la Chiesa sarà costretta
ad avviare una approfondita riflessione. Proprio per questo, per il fatto che
si parli di giovani, questo Sinodo a mio avviso è già un successo.
Sogni e ideali
caratterizzano l’età giovanile. Cosa sognano i giovani del 2018?
Sfiorano il sogno di fare della loro vita un capolavoro,
come li incitava Giovanni Paolo II? Ci sono alcuni sogni che penso
appartengano, con le dovute distinzioni, alle generazioni di ogni secolo, come la
speranza di libertà, di pace, di un mondo migliore. Adesso forse si dimostra
una maggiore attenzione alla componente ecologica, quello sì. L’aspetto bello
in tutto ciò è che questi giovani spingono la Chiesa a tornare in maniera più
marcata all’essenziale e questo penso sia l’apporto positivo che ogni
generazione dà alla Chiesa. Una Chiesa più semplice, più umana e attenta alle
persone, insomma quello che sta tentando di fare papa Francesco e che ogni
comunità cristiana dovrebbe imparare a mettere in pratica, nonostante le
difficoltà.
Vogliamo fare un
invito ai giovani a partecipare al meeting internazionale di agosto, le cui
iscrizioni – è bene ricordarlo – scadono a fine maggio...
Il nostro invito è di partecipare per più motivi:
innanzitutto per fare una esperienza particolare, per inserire nella propria
crescita di fede una tappa dallo stile francescano, tentando di incontrare Gesù
Cristo attraverso la figura di Francesco. Poi per respirare un clima fraterno
che è differente da quello delle Giornate mondiali della Gioventù dove
partecipano migliaia di persone, mentre qui il rapporto con gli altri giovani è
più diretto e familiare. Un elemento sul quale punta molto l’organizzazione del
meeting, tanto è vero che sono previsti momenti di scambio e di interazione con
giovani di nazionalità diversa, appunto al fine di garantire una conoscenza più
ampia delle realtà internazionali.
Al centro starà dunque il tema della santità
ed è davvero provvidenziale che il meeting sia anticipato dall’esortazione
apostolica di papa Francesco. C’è un’altra positiva coincidenza tra il meeting
e la Chiesa: Giovani verso Assisi,
partito affrontando il tema della fede, chiuderà l’anno prossimo un percorso di
approfondimento riflettendo sul discernimento, guarda caso al centro dell’appuntamento
sinodale di ottobre. C’è da dire che i temi li avevamo scelti già nel 2014,
quindi è davvero bello che il cammino del meeting si inserisca appieno dentro
quello della Chiesa.
Da San Bonaventura informa n. 63 - aprile 2018
Nessun commento:
Posta un commento