Ogni
anno salgo a Sant'Anna di Stazzema per partecipare, idealmente, a quel
girotondo al quale sono state strappate - il 12 agosto di 70 anni fa - tante
vite innocenti, colpevoli solo di stare al mondo, in una estate marchiata
dalla guerra. Ma qui si è andati oltre qualsiasi logica bellica, qui si è scesi
nel baratro della mente e dei cuori, saldando la follia nazista a quella
fascista, salendo da più parti su questa collina versiliese, alle prime luci
dell'alba, accerchiando donne, bambini, anziani e uccidendone barbaramente 560.
Senza trovare gli uomini, i partigiani, ma scagliandosi contro un'umanità
inerme e lontana da qualsiasi logica di violenza.
Un
numero folle di vittime come folli furono i metodi disumani che non
risparmiarono i più piccoli né le donne in stato interessante, brutalmente
devastate nella loro maternità.
Quei
passi pesanti, quel rumore delle armi, quegli ordini secchi e quelle grida di
terrore sono rimasti impressi in un silenzio surreale. Quell'odore acre
provocato dal grande falò che, davanti alla piccola chiesetta, consumò i corpi
delle vittime e alzò nel cielo un fumo nero sembra essere penetrato in modo
indelebile in quei verdi castagni e nelle pietre antiche.
Se
possibile, salgo a Sant'Anna il giorno prima delle celebrazioni per una
preghiera e un personale omaggio. Lo faccio volutamente alla vigilia, per un
pellegrinaggio silenzioso che arriva sino all'Ossario a Col di Cava, da dove si
domina tutta la pianura versiliese, sino al mare.
Il
dolore e la follia sembrano cristallizzati in quella scultura che ritrae il
dramma, in quella lapide enorme che eppure appare piccola per contenere così
tanti nomi delle vittime.
Salire
a Sant'Anna di Stazzema, nel silenzio di un giorno qualsiasi, significa fare
tesoro della memoria, annaffiare le proprie radici di appartenenza territoriale
ma anche valoriale. Significa rivolgere un pensiero alle vittime, cercare di
vivere dentro di sé quegli attimi di terrore per far sì che non si spengano al
soffio degli anni.
Sant'Anna,
così come gli altri luoghi simbolo di violenze, deve continuare a parlare a
ognuno di noi. Dobbiamo entrare in quel girotondo del mondo che, mano nella
mano, saldava i bambini di questo luogo in quella foto scattata poco prima
della strage.
Quel
girotondo gioioso sul piazzale della chiesa avrebbe lasciato, da lì a poco,
spazio a un grande falò dove con quei corpi è stato incenerito ogni sentimento di
umanità.
Il
silenzio surreale di Sant'Anna, il fruscio dei castagni, il cinguettio degli
uccelli sembrano invitarci ad ascoltare meglio la voce della storia che risuona
distintamente anche nell'oggi, per cercare di comprendere quanto avviene
altrove.
Pensare
alla violenza qui perpetrata non può che richiamare i tragici fatti ai quali
assistiamo in questi giorni, con la persecuzione e il martirio di tanti
innocenti.
Sant'Anna
può aiutare a comprendere meglio quanto continua ad accadere, a disprezzo degli
insegnamenti della storia. Ma Sant'Anna può anche aiutare a capire che la
violenza non fa altro che generare violenza e che l'unica risposta - non solo
cristiana - è quella di declinare l'odio e la vendetta nel perdono, come sta
scritto nelle vicende di questa terra, negli occhi dei sopravvissuti e su
quella lapide all'Ossario, il monumento innalzato proprio per "per
esprimere amore e perdono".
Articolo pubblicato da LPL News 24
Articolo pubblicato da LPL News 24
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