Domani a lezione, nella parte dedicata
all'analisi delle notizie della settimana, parlerò degli sviluppi di
"Vatileaks 2".
Dei due giornalisti che, più che in
studi televisivi per promuovere i loro libri, dovrebbero stare in studi legali
per affidarsi a una buona difesa, dinnanzi all'accusa che sarebbe tanto ovvia
di ricettazione.
Di una "signora", autoproclamatasi
esperta in comunicazione, che non si è accontentata della vergogna del buffet
sulle terrazze vaticane con vista canonizzazione di Giovanni XXIII e Giovanni
Paolo II (giusto un evento secondario rispetto al jet set).
Di una parte del mondo giornalistico che
sta trattando le notizie con superficialità, correndo dietro ai rumors e alle
storielle da comari, alla faccia di un'etica e di una deontologia che la
dovrebbero fare da padroni se si vuole essere comunicatori credibili. Per dirla
come papa Francesco, comunicatori di verità, bontà e bellezza.
Ma in queste storie, così come
riportate, sembra esserci una verità spesso parziale, una cattiveria insanabile
e nessuna bellezza.
Neppure alcun intento di fare del bene
alla Chiesa e a coloro che amano la verità, siano essi credenti o non.
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