Non è buona cosa augurarsi un nubifragio, un'alluvione, un
diluvio eppure in queste ore di allerta con codice rosso per la città di Roma e
zone limitrofe, il senso civico porta a sperare che le autorità debbano avere
ragione.
Non per un malcelato masochismo ma per continuare a credere
nella parola dell'autorità, nelle previsioni meteo, in un sistema di tutela del
cittadino che, dovrebbe in realtà essere più basato sulla formazione a una
cultura dell'emergenza piuttosto che a raccogliere le emergenze lanciate a
piene mani .
Le 36 ore di allerta sono al momento in parte erose da una
pioggia che scende da un cielo grigio, tipico del periodo autunnale.
Eppure il prefetto è andato giù deciso: scuole chiuse e
attivazione di un sistema di emergenza per fronteggiare una situazione
dichiarata "senza precedenti".
Le parole, seppur ogni giorno utilizzate e sprecate a
bizzeffe da un sistema informativo che - quello sì - fa acqua da tutte le
parti, hanno un peso e quindi viene da chiedersi se effettivamente questa
dichiarazione della straordinarietà dell'evento sia stata ben soppesata.
Una situazione senza precedenti di pioggia si può
dichiarare per le regioni sahariane ma per una città come Roma è opportuno?
Possibile che siamo sulla soglia di un evento catastrofico? Se le parole sono
dettate dalla situazione di prevedibile disagio provocato da eventuali intense
piogge, allora a Roma possiamo dichiarare lo stato di emergenza ogni tre per
due: strade come torrenti, fognature che non ricevono acqua, stazioni della metro
che si allagano, sottopassi impraticabili. Ma tutto ciò avviene con una
evidente frequenza e quindi oggi bisogna attendersi di peggio?
Il cielo, in questa prima parte della giornata, sembrerebbe
dire di no e anzi potrebbe invogliare a uscire anche chi ha preso e ha potuto
prendere quelle raccomandazioni alla lettera, magari approfittando per
scorazzare in un centro città privo di varchi ztl.
Ma se così dovessero sfumare le 36 ore di allerta, la
fiducia nelle istituzioni dove andrebbe a finire?
E soprattutto, non sarebbe opportuno cominciare a lavorare
concretamente sulla cultura dell'autotutela del cittadino? Una formazione, ai
rischi del territorio e ai comportamenti concreti da attuare, da diffondere non
nel momento dell'emergenza ma in tempo di "pace". Un sistema di
responsabilizzazione che chiamerebbe in causa tutti: istituzioni, cittadini,
mezzi di informazione. Un sistema che richiederebbe serietà e aderenza alla
verità, senza affondare nelle situazioni di allarme per fare notizia e senza
piegare la realtà ai propri interessi, come faceva stamani qualche giornalista
che parlava di pioggia insistente mentre le telecamere mostravano una modesta
pioggerellina, una normale pioggia da novembre e non da evento straordinario.
Ecco che il senso civico e la consapevolezza di quanto sarebbe
importante poter credere alle parole dell'autorità, portano a gettare complici
sguardi a questo innocuo cielo grigio, sperando di scorgere qualche nuvolone
minaccioso, i lampi e di udire il fragore di potenti tuoni, sino a vedere
scaricare sulla città non dico un nubifragio ma qualcosa che sia lontanamente
parente di una calamità naturale, di un evento straordinario, non so, una "diluvione" come
possibile neologismo per indicare un qualcosa di indefinibile che potrebbe avvenire,
forse sì, forse no.
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