Un coinvolgimento che non è mera attenzione ma che rappresenta un vero e proprio investimento sui giovani di tutto il mondo, lievito per una rivoluzione gentile, capace di scalzare un sistema incancrenito dagli egoismi, dalla sete di potere e di guadagno.
In questa ottica è avvenuta la convocazione dell’evento internazionale The Economy of Francesco, finalizzato a stipulare un patto per una nuova economia più giusta e inclusiva, attraverso un percorso condiviso fra esperti e giovani. Un confronto che è maturato di mese in mese, mediante incontri su dodici tematiche analizzate e pensate in un’ottica differente.
Neppure la pandemia è riuscita a fermare questo processo di confronto, ha solo procrastinato di otto mesi l’evento, dirottandolo poi dalle piazze di Assisi a quelle digitali. Ma niente può arginare un’onda di scontento per il passo assunto dalle nostre società che, proprio con il Covid-19, hanno portato ancor più allo scoperto un preoccupante incremento delle disparità.
La tre giorni di The Economy of Francesco (19-21 novembre), partita dal cuore del Sacro Convento di San Francesco per abbracciare ogni Paese del mondo, non è che il primo passo di un cammino lungo e difficile, sul quale si sono messi in viaggio giovani di 115 nazioni, con andatura spedita e sguardo inclusivo. Sì perché il cambiamento passa innanzitutto dal modo con cui sappiamo e vogliamo guardare la realtà, acquisendo consapevolezze, maturando conoscenze e lavorando concretamente per uno sviluppo umano integrale. Ora più che mai scopriamo che tutto è connesso: l’ambiente, l’economia, l’uomo. Niente può essere modificato senza che si creino scompensi o benefici a tutto il sistema.
“Non possiamo andare avanti in questo modo” è il perentorio monito che papa Francesco ha rivolto ai giovani partecipanti al meeting, nel video messaggio trasmesso a conclusione dell’evento. “Sapete che urge una diversa narrazione economica, urge prendere atto responsabilmente del fatto che l’attuale sistema mondiale è insostenibile da diversi punti di vista e colpisce nostra sorella terra, tanto gravemente maltrattata e spogliata, e insieme i più poveri e gli esclusi. Vanno insieme: tu spogli la terra e ci sono tanti poveri esclusi. Essi sono i primi danneggiati… e anche i primi dimenticati”.Alla consapevolezza deve quindi far seguito l’azione di ogni singolo soggetto, artefice di un cambiamento nei propri ambienti di vita, per “incidere concretamente nelle vostre città e università, nel lavoro e nel sindacato, nelle imprese e nei movimenti, negli uffici pubblici e privati con intelligenza, impegno e convinzione, per arrivare al nucleo e al cuore dove si elaborano e si decidono i temi e i paradigmi”.
Dunque uno sguardo nuovo che è azione e, soprattutto, cultura, facendosi carico dei problemi “senza restare prigionieri di essi e delle proprie insoddisfazioni, e così sfidare la sottomissione – spesso inconsapevole - a certe logiche (ideologiche) che finiscono per giustificare e paralizzare ogni azione di fronte alle ingiustizie”. Non a caso The Economy of Francesco trova la sede naturale in Assisi dove il giovane Francesco si spogliò, assieme ai suoi abiti e alle sue ricchezze, dell’assoggettamento alle logiche del denaro, del potere, dell’egoismo, di ideologie ormai consolidate. Un Francesco che mostra anche così, dopo 800 anni, tutta la sua travolgente attualità.
Una vera e propria rivoluzione, quella invocata dal Papa, che assume i nomi di vocazione, cultura e patto, che ha come stella polare la mistica del bene comune e non gli interessi di qualche parte a discapito di altre (anche perché “il tutto è più delle parti ed è anche più della loro semplice somma”), che rifugge la cultura dello scarto a favore della cultura dell’incontro, al di là delle differenze e, anzi, proprio in virtù di queste.
Uno sguardo inclusivo che non faccia però cadere nella trappola di provvedere agli altri - poveri ed esclusi - bensì di coinvolgerli con pari dignità nei processi decisionali: “non pensiamo per loro - raccomanda papa Francesco - ma pensiamo con loro”. Solo un dialogo tra politica ed economia potrà partorire un “servizio alla vita”, disegnando “modelli economici che andranno a vantaggio di tutti, perché l’impostazione strutturale e decisionale sarà determinata dallo sviluppo umano integrale, così ben elaborato dalla dottrina sociale della Chiesa”.
Ecco che l’attuale crisi pandemica può rappresentare una opportunità per resettare sguardi viziati dall’abitudine e da sistemi consolidati, sapendo scrutare quanto di buono può concorrere a un nuovo e coraggioso sistema mondiale.
Un’occasione per trasformare lo sguardo spesso piegato dalla distrazione e rassegnazione; per “sporcarsi le mani” nella stesura di un nuovo copione dove non esista una contrapposizione tra protagonisti e comparse, bensì un corale “noi” che metta al bando il pronome “gli altri”; “un nuovo modo di fare la storia”, tenendo ben presente che “nessuno si salva da solo”.
Infatti, conclude papa Francesco, “abbiamo bisogno gli uni degli altri per dar vita a questa cultura economica, capace di far germogliare sogni, suscitare profezie e visioni, far fiorire speranze, stimolare fiducia, fasciare ferite, intrecciare relazioni, risuscitare un’alba di speranza, imparare l’uno dall’altro, e creare un immaginario positivo che illumini le menti, riscaldi i cuori, ridoni forza alle mani, e ispiri ai giovani - a tutti i giovani, nessuno escluso - la visione di un futuro ricolmo della gioia del Vangelo”.
L’economia di Francesco si è messa in movimento, i giovani hanno diffuso la loro dichiarazione finale e l’impegno comune a nome dei giovani e dei poveri della Terra, inviando un messaggio a economisti, imprenditori, decisori politici, lavoratrici e lavoratori, cittadine e cittadini del mondo “per trasmettere la gioia, le esperienze, le speranze, le sfide che in questo periodo abbiamo maturato e raccolto ascoltando la nostra gente e il nostro cuore. Siamo convinti che non si costruisce un mondo migliore senza una economia migliore e che l’economia è troppo importante per la vita dei popoli e dei poveri per non occuparcene tutti”. Una economia, insomma, che è tassello imprescindibile per uno sviluppo umano integrale e che viene sintetizzato in dodici punti-richieste.
“Tutto questo, che noi viviamo già nel nostro lavoro e nei nostri stili di vita - scrivono i giovani -, lo chiediamo sapendo che è molto difficile e magari da molti considerato utopico. Noi invece crediamo che sia profetico e quindi che si possa chiedere, richiedere e chiedere ancora, perché ciò che oggi sembra impossibile, grazie al nostro impegno e alla nostra insistenza, domani lo sia meno”.
Dal mensile San Bonaventura informa, n. 94 (anno VIII - novembre 2020)
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