sabato 29 dicembre 2012

Quando la donna fa paura l'uomo non è uomo


Ieri sera la fiaccolata a San Terenzo, in provincia di La Spezia, contro le gravi asserzioni del parroco don Piero Corsi che metteva in correlazione i casi di femminicidio con le provocazioni delle donne. Oggi ancora commenti a questa vicenda che si consuma da più giorni e che mette in risalto quanto il nostro Paese, ma certamente non solo il nostro, abbia una visione distorta della figura femminile, delle dinamiche sociali e sia persino in preda a un marcato accento maschilista che si pensava - e sperava - morto e sepolto.

I fatti sono ben noti: il parroco di questo grazioso paese che si affaccia sul mare affigge alla porta della chiesa un volantino che aveva ben poco a livello informativo e tanto in quanto a provocazione: l'invito a un esame di coscienza da parte delle donne per riflettere su quanto siano causa del loro male, quanto provochino con atteggiamenti e abiti.
Quindi una esplicita condanna cui faceva da contraltare una sorta di assoluzione per tutti quegli uomini che quotidianamente (e i dati sono veramente allarmanti) mettono le mani addosso alle donne, fuori e tra le mura domestiche, non con carezze e affettuosi gesti di riconoscenza per la loro presenza in quelle vite così scialbe.
La madre di don Corsi, sulla scia del noto adagio "'o scarrafone è bello a mamma sua", ha giustificato il tutto con il carattere focoso del pargoletto, comprese quelle sue inottemperanze che in questi giorni lo hanno portato a dire di tutto - fuorché parole sagge - augurando persino un incidente a una giornalista che gli poneva legittime domande sulla vicenda.
La curia ha cercato di correre ai ripari e c'è da scommetterci che la storia finirà come sempre: un silenzio di qualche settimana, il ritiro per meditare e soprattutto tacere e poi il trasferimento altrove, stemperando il clima infuocato di questi giorni.
Probabilmente la Chiesa dovrebbe anche invitare i suoi pastori a un uso più oculato dei mezzi di informazione, oltre che della propria testa. Ispiratore delle folli parole di don Corsi è il sito Pontifex Roma (e l'aggiunta di Roma è essenziale per non confondere questo prodotto con il nome utilizzato da papa Benedetto XVI su Twitter) che da sempre pubblica articoli assai provocatori su alcune categorie di persone, con donne e omosessuali tra i più gettonati.
Perché don Corsi abbia voluto fare da cassa di risonanza a questo prodotto web - per il quale è conveniente non aggiungere aggettivi - rimane forse un mistero.
Davvero questo sacerdote di mezza età vede nelle donne dei diavoli tentatori tanto da mettere allegramente in correlazione la libertà di ogni donna con la conseguente pena corporale inflitta da uomini violenti? Chissà con quali principi è stato cresciuto dalla madre e soprattutto quali esperienze hanno accompagnato la sua vita, evidentemente non un rapporto spontaneo e aperto con l'altra metà del cielo, nel rispetto delle reciproche scelte di vita.
Una cosa è certa: la sparata di questo parroco di mare getta una cattiva luce sulla Chiesa, considerato lo sport nazionale della generalizzazione a tutti i costi. Ma per fortuna sappiamo che non è così, che in giro per le diocesi d'Italia e del mondo ci saranno anche degli pseudo-don-Corsi ma anche tanti religiosi che hanno un approccio positivo con il mondo femminile.
Religiosi che, per il fatto di indossare una tonaca, non vedono nell'altro genere degli strumenti del diavolo ma sanno andare oltre una minigonna e una scollatura, riconoscendo nella donna un patrimonio di valori, di sentimenti, di capacità e di sogni.
Per riequilibrare la bilancia sarebbe sufficiente cambiare l'approccio sessista in favore di una visione complementare dell'uomo e della donna, scorgendo - al di là dei modelli proposti dall'attuale società - quella "unità dei due nella comune umanità" di cui parlava Giovanni Paolo II nella lettera apostolica "Mulieris dignitatem".
Una reciprocità come segno dell'amore nelle rispettive diversità e dove "la donna rappresenta un valore particolare come persona umana e, nello stesso tempo, come quella persona concreta, per il fatto della sua femminilità. Questo riguarda tutte le donne e ciascuna di esse, indipendentemente dal contesto culturale in cui ciascuna si trova e dalle sue caratteristiche spirituali, psichiche e corporali, come, ad esempio, l'età, l'istruzione, la salute, il lavoro, l'essere sposata o nubile".
In questi giorni di bufera sarebbe preferibile non prestarsi a far riecheggiare le dichiarazioni di don Corsi bensì il pensiero e l'amore di Giovanni Paolo II per le donne.
Merita qui ricordare la "Lettera alle donne" dove ritroviamo pagine di commovente intensità con quel grazie corale a ogni categoria di donna (madre, sposa, figlia, sorella, lavoratrice, consacrata): "Grazie a te, donna, per il fatto stesso che sei donna! Con la percezione che è propria della tua femminilità tu arricchisci la comprensione del mondo e contribuisci alla piena verità dei rapporti umani".
Ma per le donne - così come per quelle categorie erroneamente definite deboli - la strada non è mai stata piana, bensì costellata di rivendicazioni per ottenere quello che, come persona, doveva essere ovvio, dal voto elettorale alla minigonna.
E quindi, da donna, non posso che concludere ancora con le parole di papa Wojtyla laddove rimarcava la sua "ammirazione per le donne di buona volontà che si sono dedicate a difendere la dignità della condizione femminile attraverso la conquista di fondamentali diritti sociali, economici e politici, e ne hanno preso coraggiosa iniziativa in tempi in cui questo loro impegno veniva considerato un atto di trasgressione, un segno di mancanza di femminilità, una manifestazione di esibizionismo e magari un peccato!". (eli)


(da Rai Vaticano: http://raivaticano.blog.rai.it/2012/12/29/ammirazione-per-le-donne-di-buona-volonta) 


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