«La verità vi farà
liberi» (Gv 8,32). Fake news e giornalismo di pace è il tema del Messaggio
di papa Francesco per la 52ª Giornata mondiale delle comunicazioni sociali,
diffuso il 24 gennaio, nella memoria liturgica di san Francesco di Sales,
patrono dei giornalisti. Messaggio che si chiude con una preghiera alla Verità,
traendo ispirazione Preghiera
semplice.
dalla francescana
Il documento attinge alle problematiche della comunicazione
di oggi, improntata alla velocità, alla carenza di verifica e di
approfondimento, alla vorticosa diffusione di “fake news” che con la «loro
natura mimetica», con la verosimiglianza, «facendo leva su stereotipi e
pregiudizi», «sfruttando emozioni facili» quali ansia, disprezzo, rabbia e
frustrazione, si diffondono rapidamente scippando gli utenti delle sempre più
numerose piattaforme di informazione e comunicazione, di un bene irrinunciabile
quale è la verità.
Papa Francesco sottolinea come «nel progetto di Dio, la
comunicazione umana è una modalità essenziale per vivere la comunione. L’essere
umano, immagine e somiglianza del Creatore, è capace di esprimere e condividere
il vero, il buono, il bello». Un meccanismo imprescindibile anche per coltivare
la memoria e la comprensione, due passaggi fondamentali nella costruzione della
propria identità individuale e sociale. E invece «l’alterazione della verità è
il sintomo tipico di tale distorsione, sia sul piano individuale che su quello
collettivo».
Un sistema nel quale, da utenti della comunicazione, siamo tutti
coinvolti e «nessuno di noi può esonerarsi dalla responsabilità di contrastare
queste falsità. Non è impresa facile, perché la disinformazione si basa spesso
su discorsi variegati, volutamente evasivi e sottilmente ingannevoli, e si
avvale talvolta di meccanismi raffinati». Per questo papa Francesco sottolinea
come «sono lodevoli le iniziative educative che permettono di apprendere come
leggere e valutare il contesto comunicativo, insegnando a non essere
divulgatori inconsapevoli di disinformazione, ma attori del suo svelamento» e
come «sono altrettanto lodevoli le iniziative istituzionali e giuridiche
impegnate nel definire normative volte ad arginare il fenomeno».
Verità è anche
libertà e, attingendo a Gv 8,32 («La verità vi farà liberi»), Francesco
sottolinea come «la continua contaminazione con un linguaggio ingannevole
finisce infatti per offuscare l’interiorità della persona». Ma c’è una precisa
via di uscita da questo labirinto di verità negate, nascoste, manipolate: «il
più radicale antidoto al virus della falsità è lasciarsi purificare dalla
verità. Nella visione cristiana la verità non è solo una realtà concettuale,
che riguarda il giudizio sulle cose, definendole vere o false. La verità non è
soltanto il portare alla luce cose oscure, “svelare la realtà”, come l’antico
termine greco che la designa, aletheia
(da a-lethès, “non nascosto”), porta
a pensare. La verità ha a che fare con la vita intera».
Una verità che è sostegno nel cammino della ricerca e della
testimonianza del vero, «su cui ci si può appoggiare per non cadere» e –
sottolinea papa Francesco – «in questo senso relazionale, l’unico veramente affidabile
e degno di fiducia, sul quale si può contare, ossia “vero”, è il Dio vivente».
Nell’era improntata alla tecnologia che vorrebbe far pensare anche a uno
svilimento della centralità dell’uomo, il papa ribadisce come «il miglior
antidoto contro le falsità non sono le strategie, ma le persone: persone che,
libere dalla bramosia, sono pronte all’ascolto e attraverso la fatica di un
dialogo sincero lasciano emergere la verità; persone che, attratte dal bene, si
responsabilizzano nell’uso del linguaggio».
E proprio nell’epoca in cui la
figura del giornalista rischia di apparire superflua e sorpassata, Francesco ci
ricorda come «particolarmente coinvolto è chi per ufficio è tenuto ad essere
responsabile nell’informare, ovvero il giornalista, custode delle notizie. Egli, nel mondo contemporaneo, non svolge
solo un mestiere, ma una vera e propria missione. Ha il compito, nella frenesia
delle notizie e nel vortice degli scoop, di ricordare che al centro della
notizia non ci sono la velocità nel darla e l’impatto sull’audience, ma le persone. Informare è formare, è avere a che fare
con la vita delle persone. Per questo l’accuratezza delle fonti e la custodia
della comunicazione sono veri e propri processi di sviluppo del bene, che
generano fiducia e aprono vie di comunione e di pace».
Da qui l’invito a un
giornalismo di pace - non buonista - «un giornalismo senza infingimenti, ostile
alle falsità, a slogan ad effetto e a dichiarazioni roboanti; un giornalismo
fatto da persone per le persone, e che si comprende come servizio a tutte le
persone, specialmente a quelle che non hanno voce; un giornalismo che non bruci
le notizie, ma che si impegni nella ricerca delle cause reali dei conflitti,
per favorirne la comprensione dalle radici e il superamento attraverso l’avviamento
di processi virtuosi; un giornalismo impegnato a indicare soluzioni alternative
alle escalation del clamore e della
violenza verbale».
Signore, fa’ di noi strumenti della tua pace.
Facci riconoscere il male
che si insinua in una comunicazione che non crea comunione.
Rendici capaci di
togliere il veleno dai nostri giudizi.
Aiutaci a parlare degli altri come di
fratelli e sorelle.
Tu sei fedele e degno di fiducia; fa’ che le nostre parole
siano semi di bene per il mondo: dove c’è rumore, fa’ che pratichiamo
l’ascolto; dove c’è confusione, fa’ che ispiriamo armonia; dove c’è ambiguità,
fa’ che portiamo chiarezza; dove c’è esclusione, fa’ che portiamo condivisione;
dove c’è sensazionalismo, fa’ che usiamo sobrietà; dove c’è superficialità, fa’
che poniamo interrogativi veri; dove c’è pregiudizio, fa’ che suscitiamo
fiducia; dove c’è aggressività, fa’ che portiamo rispetto; dove c’è falsità,
fa’ che portiamo verità.
Amen.
Da San Bonaventura informa n. 60 - gennaio 2018
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