martedì 30 gennaio 2018

FAKE NEWS E GIORNALISMO DI PACE: IL MESSAGGIO DI PAPA FRANCESCO


«La verità vi farà liberi» (Gv 8,32). Fake news e giornalismo di pace è il tema del Messaggio di papa Francesco per la 52ª Giornata mondiale delle comunicazioni sociali, diffuso il 24 gennaio, nella memoria liturgica di san Francesco di Sales, patrono dei giornalisti. Messaggio che si chiude con una preghiera alla Verità, traendo ispirazione Preghiera semplice.
dalla francescana
Il documento attinge alle problematiche della comunicazione di oggi, improntata alla velocità, alla carenza di verifica e di approfondimento, alla vorticosa diffusione di “fake news” che con la «loro natura mimetica», con la verosimiglianza, «facendo leva su stereotipi e pregiudizi», «sfruttando emozioni facili» quali ansia, disprezzo, rabbia e frustrazione, si diffondono rapidamente scippando gli utenti delle sempre più numerose piattaforme di informazione e comunicazione, di un bene irrinunciabile quale è la verità. 


Papa Francesco sottolinea come «nel progetto di Dio, la comunicazione umana è una modalità essenziale per vivere la comunione. L’essere umano, immagine e somiglianza del Creatore, è capace di esprimere e condividere il vero, il buono, il bello». Un meccanismo imprescindibile anche per coltivare la memoria e la comprensione, due passaggi fondamentali nella costruzione della propria identità individuale e sociale. E invece «l’alterazione della verità è il sintomo tipico di tale distorsione, sia sul piano individuale che su quello collettivo». 

Un sistema nel quale, da utenti della comunicazione, siamo tutti coinvolti e «nessuno di noi può esonerarsi dalla responsabilità di contrastare queste falsità. Non è impresa facile, perché la disinformazione si basa spesso su discorsi variegati, volutamente evasivi e sottilmente ingannevoli, e si avvale talvolta di meccanismi raffinati». Per questo papa Francesco sottolinea come «sono lodevoli le iniziative educative che permettono di apprendere come leggere e valutare il contesto comunicativo, insegnando a non essere divulgatori inconsapevoli di disinformazione, ma attori del suo svelamento» e come «sono altrettanto lodevoli le iniziative istituzionali e giuridiche impegnate nel definire normative volte ad arginare il fenomeno». 

Verità è anche libertà e, attingendo a Gv 8,32 («La verità vi farà liberi»), Francesco sottolinea come «la continua contaminazione con un linguaggio ingannevole finisce infatti per offuscare l’interiorità della persona». Ma c’è una precisa via di uscita da questo labirinto di verità negate, nascoste, manipolate: «il più radicale antidoto al virus della falsità è lasciarsi purificare dalla verità. Nella visione cristiana la verità non è solo una realtà concettuale, che riguarda il giudizio sulle cose, definendole vere o false. La verità non è soltanto il portare alla luce cose oscure, “svelare la realtà”, come l’antico termine greco che la designa, aletheia (da a-lethès, “non nascosto”), porta a pensare. La verità ha a che fare con la vita intera».

Una verità che è sostegno nel cammino della ricerca e della testimonianza del vero, «su cui ci si può appoggiare per non cadere» e – sottolinea papa Francesco – «in questo senso relazionale, l’unico veramente affidabile e degno di fiducia, sul quale si può contare, ossia “vero”, è il Dio vivente». Nell’era improntata alla tecnologia che vorrebbe far pensare anche a uno svilimento della centralità dell’uomo, il papa ribadisce come «il miglior antidoto contro le falsità non sono le strategie, ma le persone: persone che, libere dalla bramosia, sono pronte all’ascolto e attraverso la fatica di un dialogo sincero lasciano emergere la verità; persone che, attratte dal bene, si responsabilizzano nell’uso del linguaggio». 

E proprio nell’epoca in cui la figura del giornalista rischia di apparire superflua e sorpassata, Francesco ci ricorda come «particolarmente coinvolto è chi per ufficio è tenuto ad essere responsabile nell’informare, ovvero il giornalista, custode delle notizie. Egli, nel mondo contemporaneo, non svolge solo un mestiere, ma una vera e propria missione. Ha il compito, nella frenesia delle notizie e nel vortice degli scoop, di ricordare che al centro della notizia non ci sono la velocità nel darla e l’impatto sull’audience, ma le persone. Informare è formare, è avere a che fare con la vita delle persone. Per questo l’accuratezza delle fonti e la custodia della comunicazione sono veri e propri processi di sviluppo del bene, che generano fiducia e aprono vie di comunione e di pace». 

Da qui l’invito a un giornalismo di pace - non buonista - «un giornalismo senza infingimenti, ostile alle falsità, a slogan ad effetto e a dichiarazioni roboanti; un giornalismo fatto da persone per le persone, e che si comprende come servizio a tutte le persone, specialmente a quelle che non hanno voce; un giornalismo che non bruci le notizie, ma che si impegni nella ricerca delle cause reali dei conflitti, per favorirne la comprensione dalle radici e il superamento attraverso l’avviamento di processi virtuosi; un giornalismo impegnato a indicare soluzioni alternative alle escalation del clamore e della violenza verbale».

Signore, fa’ di noi strumenti della tua pace. 
Facci riconoscere il male che si insinua in una comunicazione che non crea comunione. 
Rendici capaci di togliere il veleno dai nostri giudizi. 
Aiutaci a parlare degli altri come di fratelli e sorelle. 
Tu sei fedele e degno di fiducia; fa’ che le nostre parole siano semi di bene per il mondo: dove c’è rumore, fa’ che pratichiamo l’ascolto; dove c’è confusione, fa’ che ispiriamo armonia; dove c’è ambiguità, fa’ che portiamo chiarezza; dove c’è esclusione, fa’ che portiamo condivisione; dove c’è sensazionalismo, fa’ che usiamo sobrietà; dove c’è superficialità, fa’ che poniamo interrogativi veri; dove c’è pregiudizio, fa’ che suscitiamo fiducia; dove c’è aggressività, fa’ che portiamo rispetto; dove c’è falsità, fa’ che portiamo verità. 
Amen.




Da San Bonaventura informa n. 60 - gennaio 2018

Nessun commento:

Posta un commento