Non si tratta soltanto di una questione di sicurezza da gestire sullo scacchiere delle città e dell'intelligence, non si tratta solo di fare i conti con le nostre paure manifestate o represse, semmai bisogna ripensare anche una presenza fondamentale nella nostra vita qual è quella dell'informazione, della produzione e diffusione delle notizie.
La considerazione si impone con forza, anche alla luce dell'attentato a Monaco e al fatto che l'omicida fosse uno squilibrato.
Considerato che il caso non è certo isolato
a questo giovane ma che, purtroppo, di soggetti con problemi psichici,
perlomeno con identità deboli, in giro per le nostre città ce ne sono numerosi,
sarebbe forse il caso di cominciare a limitare le vetrine delle loro scellerate
gesta, anche per arginare possibili emulazioni.
Un po' come accade nelle partite di calcio
con le invasioni di campo, quando le telecamere non mostrano quanto succede,
proprio per non dare loro spazio.
L'attentatore di Orlando |
Non offrire visibilità a folli -
disturbati - esaltati - terroristi - aspiranti tali - disperati in cerca di un
momento di "gloria", potrebbe essere un piccolo ma praticabile
deterrente da parte dei mezzi di informazione, emittenti televisive in primis.
Un soggetto debole, alla ricerca di un
senso per la propria vita, un fanatico, un ribelle verso il mondo o un
particolare tipo di società, può trovare un incentivo e una esaltazione in
queste spasmodiche attenzioni da parte dei mezzi di informazione.
Si dirà che la tensione per possibili
attacchi terroristici tiene alto il livello di guardia nelle nostre indifese e
indifendibili città, anche da parte dei mezzi di informazione, ma certe dirette
televisive, come quelle cui abbiamo assistito dai minuti successivi alla
sparatoria al centro commerciale di Monaco, sono finestre forzatamente spalancate
per permettere ai curiosi di rimanere affacciati sull'evento.
L'informazione ha il proprio motivo di essere nel racconto dei
fatti, ipotesi e illazioni devono stare su un altro piano, perlomeno essere
conseguenti alla narrazione degli avvenimenti.
Nella fattispecie, per la sparatoria a Monaco, la notizia era
l'attacco e il numero dei morti mentre per ore si è discusso di terrorismo, di
attentatori inesistenti, di situazioni risultate poi non rispondenti alla
realtà.
C'è da chiedersi se ha senso tenere aperte dirette no-stop,
basandosi solo su ipotesi e su notizie frammentarie raccolte sui social network
(di per sé difficilmente verificabili) o se non sarebbe il caso di aprire il
flusso informativo quando ci sono notizie certe.
Attingendo ai ricordi, dinanzi a gravi fatti di cronaca, mi tornano
alla mente le edizioni straordinarie dei telegiornali che annunciavano i fatti,
così come si presentavano, dando appuntamento a successive edizioni, non appena
fossero disponibili aggiornamenti.
La paura di rimanere in seconda fila nella corsa e rincorsa di
notizie, conduce oggi a presidiare il proprio spazio informativo, ad esserci
comunque, a sostenere ore di dirette puntellate da chiacchiere.
Fare un passo indietro non rappresenterebbe certo una ritirata
dinanzi al dovere di informazione, piuttosto sarebbe la garanzia di testate
giornalistiche che svolgono seriamente il proprio compito: raccogliere le notizie, verificarle
e allora, ma solo allora, proporle al pubblico offrendo, a quel punto, anche i
commenti e le valutazioni del caso.
Di certo ci si sottrarrebbe al costante rischio di cedere alla
disinformazione e spettacolarizzazione, facendone guadagnare la professione, la
professionalità e la certezza dell'informazione.
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