Nell'epoca
delle continue innovazioni tecnologiche, degli strumenti che sembrano potersi sostituire
in tutto all'uomo, della tentazione a delegare loro persino i rapporti
interpersonali, papa Francesco ci ricorda che "la comunicazione è, in
definitiva, una conquista più umana che tecnologica". Nel messaggio per la
48ª
Giornata mondiale delle comunicazioni sociali dal titolo "Comunicazione al
servizio di un’autentica cultura dell’incontro" (che sarà celebrata il 1°
giugno), il papa richiama con decisione alla centralità dell'uomo.
Non è
un freno alla corsa della tecnologia o una critica ai suoi prodotti ma un
deciso invito a far salire su questa diligenza, talvolta in folle corsa, l'uomo
così da renderlo cocchiere di questo appassionante viaggio.
Un
messaggio che pone al centro la persona e che la invita a farsi artefice del
proprio ruolo, a non divenire un semplice meccanismo del sistema di
comunicazione ma un protagonista attento e prossimo agli altri. Un cittadino
responsabile di quel "villaggio globale" che Giovanni Paolo II aveva
mutuato da Marshall McLuhan, studioso delle comunicazioni di massa, utilizzando
questa celebre definizione nella lettera enciclica Redemptoris Missio del 1990, nella quale scriveva che "il
primo areopago del tempo moderno è il mondo delle comunicazioni, che sta
unificando l'umanità rendendola - come si suol dire - «un villaggio globale»".
Un ossimoro per descrivere quel villaggio che ci abbraccia, ci avvicina e che
sembra accomunarci ma che, in realtà, non va a sanare le tante e talvolta
drammatiche disparità nelle condizioni di vita.
Quello
che potrebbe sembrare il bluff dei mezzi di informazione, con un'immagine
distorta e artefatta della realtà dalla quale stare alla larga o nutrire timori,
può invece divenire strumento positivo per intervenire proprio su quella stessa
realtà.
Papa Francesco lo spiega chiaramente: "i media possono aiutare a
farci sentire più prossimi gli uni agli altri, a farci percepire un rinnovato
senso di unità della famiglia umana che spinge alla solidarietà". Ecco,
dunque, l'uomo che prevale sul mezzo e che ne fa uno strumento efficace per
sanare le disparità e per trasmettere quella tenerezza che significa essere
presenti l'uno per l'altro. I media e internet possono così rappresentare un
terreno comune sul quale costruire un dialogo come reciproco scambio,
attraverso l'incontro e la solidarietà.
Ma per
recuperare o costruire questo tipo di rapporto è necessario lavorare su se
stessi, sui propri ritmi di vita, su una mentalità che sembra aver preso il
sopravvento e che risulta imperniata sulla velocità, sul multitasking, sulla presenza perenne on line ma con una navigazione
che rimane sulla superficie dei rapporti interpersonali.
Papa
Bergoglio mette chiaramente in luce gli aspetti critici del sistema,
individuandoli nella "velocità dell'informazione" che bypassa spesso
una necessaria valutazione e un giudizio frutto di riflessione; una qualche
propensione a "frequentare" solamente quelle idee e posizioni affini
alle proprie, causando una sorta di disorientamento; il pericolo di isolarci da
coloro che sono realmente vicini a noi.
Arrivando
a una sorta di riscatto, alimentato da una crescita "in umanità e nella
comprensione reciproca" e che impone - finalmente - di tornare a essere
protagonisti della propria vita e dei suoi ritmi. Il primo antidoto è la
riconquista di quel "senso di lentezza e di calma" che sembra invece
resettato dai nuovi ambienti digitali e che consentirebbe una maggior
padronanza delle proprie scelte, frutto di valutazioni attente, ponderate e
critiche.
"Questo
richiede tempo e capacità di fare silenzio per ascoltare - scrive papa
Francesco -. Abbiamo anche bisogno di essere pazienti se vogliamo capire chi è
diverso da noi: la persona esprime pienamente se stessa non quando è
semplicemente tollerata, ma quando sa di essere davvero accolta".
Un
metodo che conduce a quella prossimità che significa misericordia e tenerezza e
che, non a caso, papa Francesco riporta all'immagine del buon Samaritano che
diviene anche la parabola del (buon) comunicatore.
"Quando
la comunicazione ha il prevalente scopo di indurre al consumo o alla manipolazione
delle persone - si legge nel messaggio - ci troviamo di fronte a un’aggressione
violenta come quella subita dall’uomo percosso dai briganti e abbandonato lungo
la strada, come leggiamo nella parabola" e "oggi
noi corriamo il rischio che alcuni media ci condizionino al punto da farci
ignorare il nostro prossimo reale".
Quel
prossimo reale che possiamo e dobbiamo incontrare concretamente, non solo nello
sfiorarsi digitale delle connessioni 24h.
"La rete digitale può essere un
luogo ricco di umanità - aggiunge Bergoglio- non una rete di fili ma di persone
umane". Ed essere umani significa svestire qualsiasi
tentazione da avatar, metterci la faccia reale, la parola, l'ascolto, il cuore,
la testimonianza, per percorrere la rete vestiti della propria identità,
rendendo le stanze virtuali sempre più luoghi veri di incontro, ascolto e solidarietà.
Prossimi
nell'attenzione e nel farsi carico degli altri, scendendo da quel piedistallo
dal quale, così spesso, si è soliti pontificare e sbattere in faccia agli altri
le proprie verità assolute, arroganti e non negoziabili.
Un
richiamo, dunque, a non temere di farsi cittadini dell'ambiente digitale, bensì ad
essere partecipi di questo "villaggio globale" in quanto "la
comunicazione concorre a dare forma alla vocazione missionaria di tutta la
Chiesa, e le reti sociali - conclude il papa - sono oggi uno dei luoghi in cui
vivere questa vocazione a riscoprire la bellezza della fede, la bellezza
dell’incontro con Cristo".
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