lunedì 11 marzo 2013

La Chiesa di domani non può esulare dal concetto stesso di Chiesa


Le settimane e le ore che precedono il conclave sono i momenti degli interrogativi e dei tentativi di dare risposte, il tempo in cui fedeli e commentatori ipotizzano la direzione della Chiesa, mentre il collegio cardinalizio ne studia e traccia la rotta, sino ad affidarne il timone al nuovo successore di Pietro. Un conclave, questo, che si apre dopo la storica decisione di papa Benedetto XVI di rinunciare al pontificato e si spalanca su un contesto sociale in rapido mutamento, che necessita di risposte efficaci. Tanti interrogativi sulla Chiesa di domani che non possono esulare dal concetto stesso di Chiesa.
Mentre imperversano le ipotesi sul nuovo papa, spesso affidate a vere e proprie scommesse che fanno la fortuna dei bookmaker intenti ad aggiornare quotidianamente il listino dei papabili, la macchina organizzativa sta mettendo a punto ogni aspetto per un evento religioso che è indubbiamente anche mediatico, basti pensare agli oltre cinquemila giornalisti accreditati alla sala stampa vaticana.
Lasciando da parte i pronostici sul nuovo pontefice, le ipotesi sulle cordate cardinalizie e i particolari inerenti un cerimoniale tanto antico quanto affascinante, cerchiamo di capire altri aspetti caratterizzanti l’essenza della Chiesa in una fase di svolta, il concetto di santità, il ruolo dello Spirito Santo e il compito di cui la stessa Chiesa dovrà farsi carico nel prossimo futuro. Un quadro caratterizzato da alcuni elementi fondamentali e fondanti sui quali riflettiamo con il professorOrlando Todisco dell’Ordine dei Frati minori conventuali, filosofo e docente emerito allaPontificia Facoltà Teologica “San Bonaventura” di Roma.
Professore, partiamo dall’evento che ci ha portati a questo nuovo conclave, ovvero la rinuncia di papa Ratzinger. Che significato ha avuto questa decisione?“La ‘barca di Pietro’ è diventata troppo ‘’grande’, e il mare è in tempesta. Benedetto ha voluto che un altro ne prendesse il timone. Tra quanti hanno rinunciato – Celestino V nel 1294, Gregorio XII nel 1415 – Benedetto è l’unico che l’ha fatto senza alcuna pressione esterna. Per questo la scelta è estremamente significativa, più delle pur magistrali lezioni di Ratisbona e di Parigi, dal momento che ha fatto capire che il primato spetta alla Chiesa del popolo di Dio, per il cui bene ogni ministero gerarchico, a partire da quello petrino, deve essere esercitato. Uno dei significati di questo gesto sta forse nella messa in discussione del papato come potere assoluto e solitario”.
Tra qualche ora, al massimo qualche giorno, vedremo il nuovo papa affacciarsi dalla Loggia delle benedizioni della Basilica vaticana. Qual è l’immagine che si ha oggi del papa, dopo pontefici “raggiungibili” come quelli degli ultimi cinquanta anni e che peso riveste la sacralità della sua figura?“Il nuovo papa non ha bisogno di un’aura di santità, né che sia chiamata santa la sua persona o che venga detta santa la sua Sede. Ciò che si auspica è che sia pastore di una Chiesa più sinodale, espressione di comunione sacramentale dell’umanità, ritornando forse al papa dei primi secoli. Si sa che in principio il papa era solo il ‘successore di Pietro’, e che solo in seguito, per esigenze prevalentemente politiche o sociali, è diventato prima ‘vicario di Cristo’ e poi, nell’età secolarizzata, ‘vicario di Dio’. Ma più che il ritorno alle dimensioni umili e semplici delle origini, il problema è che sappia mettere la Chiesa nelle condizioni di poter offrire alla società contemporanea i suoi infiniti tesori di grazia e di saggezza nel contesto di una dialogicità comunionale di segno non censorio, ma oblativo”.
Nella Cappella Sistina i cardinali esprimeranno le loro preferenze per la scelta del prossimo pontefice ma in realtà, per i credenti, il vero artefice dell’elezione del successore di Pietro sarà lo Spirito Santo che agirà sui cardinali elettori. Una considerazione spesso tralasciata…“La fede ci porta a mettere al centro lo Spirito Santo, protagonista dell’evento elettivo. Dovremmo forse aggiungere che è lo stesso Spirito che ci rende prossimi gli uni agli altri, che ci porta a riconoscerci simili e differenti, alla ricerca di una convivenza pacifica e giusta. Perché allora tanta conflittualità? Perché tanta ingiustizia? Perché tante divisioni? E che ne è dello Spirito, fonte della ‘communio ecclesiarum’? Ma è ancora protagonista lo Spirito? Sono interrogativi che la fede mette a tacere, anche se ritornano con insistenza, con la speranza che il nuovo pastore contribuisca, se non a spegnerli, ad attenuarne la tragicità”.
Professor Todisco, per concludere, qual è il suo auspicio non solo per il nuovo pontefice ma per la Chiesa di domani?“Chiesa-mondo, questo il binomio fondamentale e inscindibile dal momento che la Chiesa annuncia il Regno nel mondo e al mondo dispensa il suo patrimonio. Come definire tale rapporto? Se si pensa a una Chiesa troppo vicina al mondo si cade nella mondanizzazione; se si pensa a una Chiesa troppo legata al Regno si cade  nella spiritualizzazione. Quale allora la via? Più che criticare o condannare la modernità, credo che la Chiesa debba accoglierla e insieme orientarne le immense ricchezze in una nuova direzione. Un’operazione estremamente difficile e impegnativa, perché si tratta di guidare la modernità dall’autoidolatria o l’esaltazione del sé, verso l’altro da porre strategicamente al centro dell’orizzonte della propria progettualità. Al primo posto non il bene privato, né il bene pubblico. Al primo posto il bene comune, e cioè la comunione tra i soggetti ai molti livelli della convivenza, a partire dalle Chiese. Un traguardo altissimo e sommamente impegnativo”. (eli)

Nessun commento:

Posta un commento