Una
catechesi di fede e di amore, l'ultima di Benedetto XVI, stamani all'udienza
generale del mercoledì dinanzi a una folla che ha riempito piazza San Pietro e
via della Conciliazione. L'ultima occasione per vedere e sentire papa Ratzinger
prima che termini il suo pontificato, domani sera alle ore 20, per iniziare un
servizio diverso alla Chiesa, fatto di preghiera e di meditazione.
Una
scelta che è stata difficile per lui e per i fedeli, nella piena consapevolezza
della sua "gravità e anche novità", dinanzi alla quale non sono però
mancati "il rispetto e la comprensione".
Chi
ancora non aveva capito e accettato questa decisione è molto probabile che
abbia maturato, proprio con questa catechesi, piena consapevolezza del gesto di amore per la
Chiesa.
Le
parole di papa Benedetto sono state una sorta di testamento spirituale, di
testimonianza di amore e di verità dinanzi alle quali finisce per decadere ogni
nostra supponenza, ogni presunzione di giudizio, ogni dubbio alimentato dalle
voci ma talvolta anche dai fatti non cristallini emersi dalle mura vaticane.
Papa
Benedetto ha riportato l'attenzione sulla fede come alimento della propria
dimensione spirituale e della stessa Chiesa. "La Parola di verità del
Vangelo è la forza della Chiesa, è la sua vita", una strada che permette
di accogliere "la grazia di Dio nella verità e nella carità".
Una
convinzione che ha guidato il cardinale Joseph Ratzinger nell'accettazione,
otto anni fa, del ministero petrino. "In quel momento - ha ricordato il
pontefice - le parole che sono risuonate nel mio cuore sono state: Signore, perché
mi chiedi questo e cosa mi chiedi? È un
peso grande quello che mi poni sulle spalle, ma se tu me lo chiedi, sulla tua
parola getterò le reti, sicuro che tu mi guiderai, anche con tutte le mie debolezze.
E otto anni dopo posso dire che il Signore mi ha guidato, mi è stato vicino, ho
potuto percepire quotidianamente la sua presenza".
E
come si fa prima di andarsene per sempre, papa Ratzinger ha voluto svuotare il
suo cuore, mettendo in risalto anche i momenti difficili di questo coraggioso
pontificato.
"È stato un tratto di cammino della Chiesa
che ha avuto momenti di gioia e di luce, ma anche momenti non facili; mi sono sentito
come san Pietro con gli Apostoli nella barca sul lago di Galilea: il Signore ci
ha donato tanti giorni di sole e di brezza leggera, giorni in cui la pesca è
stata abbondante; vi sono stati anche momenti in cui le acque erano agitate e
il vento contrario, come in tutta la storia della Chiesa, e il Signore sembrava
dormire".
Ma c'è sempre stata la consapevolezza
che "in quella barca c'è il Signore" e che "la barca della
Chiesa non è mia, non è nostra, ma è sua". Un richiamo al popolo di Dio ma
che gioverà di certo anche al senso di responsabilità del collegio cardinalizio
chiamato a eleggere il successore di Benedetto XVI e a quanti dovranno guidare
la "barca" nel futuro.
E ancora un esplicito riferimento alla
scelta di rinunciare al pontificato, permeato da quell'umiltà e umanità che,
c'è da augurarsi, rimanga in dote alla Chiesa del dopo Ratzinger.
"In questi ultimi mesi - ha
aggiunto papa Benedetto - ho sentito che le mie forze erano diminuite e ho
chiesto a Dio con insistenza, nella preghiera, di illuminarmi con la sua luce
per farmi prendere la decisione più giusta non per il mio bene, ma per il bene
della Chiesa. Ho fatto questo passo nella piena consapevolezza della sua
gravità e anche novità, ma con una profonda serenità d'animo. Amare la Chiesa
significa anche avere il coraggio di fare scelte difficili, sofferte, avendo
sempre davanti il bene della Chiesa e non se stessi".
Quella dimensione personale che
svanisce nel momento in cui si accetta di divenire successore di Pietro, quando
alla propria vita "viene totalmente tolta la dimensione privata",
quando si sperimenta che "uno riceve la vita proprio quando la dona",
quando si ha la consapevolezza che non "appartiene più a se stesso,
appartiene a tutti e tutti appartengono
a lui".
Una comunione che proseguirà anche dopo
la storica fine di questo pontificato in quanto "il 'sempre' è anche un
'per sempre' - ha aggiunto il papa -, non c'è più un ritornare nel privato. La
mia decisione di rinunciare all'esercizio attivo del ministero, non revoca
questo. Non ritorno alla vita privata, a una vita di viaggi, incontri,
ricevimenti, conferenze, eccetera. Non abbandono la croce ma resto in modo
nuovo presso il Signore Crocifisso. Non porto più la potestà dell'officio per
il governo della Chiesa ma nel servizio della preghiera resto, per così dire,
nel recinto di Pietro".
E infine una raccomandazione per quel
popolo con il quale rimarrà in comunione attraverso la preghiera: "siamo
nell'Anno della fede che ho voluto per rafforzare proprio la nostra fede in Dio
in un contesto che sembra metterlo sempre più in secondo piano. Vorrei invitare
tutti a rinnovare la ferma fiducia nel Signore, ad affidarci come bambini nelle
braccia di Dio, certi che quelle braccia ci sostengono sempre e sono ciò che ci
permette di camminare ogni giorno, anche nella fatica. Vorrei che ognuno si
sentisse amato da quel Dio che ha donato il suo Figlio per noi e che ci ha
mostrato il suo amore senza confini. Vorrei che ognuno sentisse la gioia di
essere cristiano". (eli)
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