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Stamani
sono finita in una messa con dei battesimi. Pensiamo a quanto sarebbe bello, secondo
liturgia e fede, questo momento di ingresso nella comunità cristiana con tutti
i suoi riti e quello che significano.
Il
primo sacramento impartito in un momento di festa per la comunità, dove si
dovrebbe avere la minima consapevolezza di quanto ci si appresta a seguire e
possibilmente non da semplici e distratti spettatori, ficcati in una panca - perché
sarebbe brutto andare solo al rinfresco! - a smanettare con il telefonino o a
chiacchierare ma senza spendere una parola di risposta al povero e paziente sacerdote.
Ma non
c'è mai fine al peggio e questo è rappresentato da parenti e amici che, dotati
di macchine fotografiche, tablet e cellulari si alzano in massa per immortalare
i momenti fatidici.
Quei
cellulari che squillano senza sosta, quei tablet sventolati sulle teste altrui
come evangeliari, quelle macchine fotografiche indomabili, a dispetto dei tempi
della liturgia.
Dio mi
perdoni se ho sperato più volte che quegli aggeggi squillanti andassero in
frantumi, che quelle lingue in continuo movimento a tagliare, cucire e
rimodellare gli abiti dei presenti, si attorcigliassero su se stesse.
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Cosa
proiettiamo, a livello valoriale, sul loro futuro, al di là di abiti firmati,
gioielli, belle macchine fotografiche?
Forse
necessita una rieducazione generale, innanzitutto al rispetto di se stessi e
quindi degli altri, a cominciare dall'atteggiamento da tenere (che si sia
credenti o no è indifferente) in un luogo sacro dove non ci si può alzare in
continuazione a nostro piacimento, dialogare a gesti da una navata all'altra, stare
in piedi nelle panche a scattare foto durante i momenti di raccoglimento.
Gli
stimoli si sono accumulati velocemente, l'uno a conferma dell'altro, sino a
infrangere ogni speranza di un riscatto comportamentale nel giovane che ha
concluso la sua sciagurata presenza alla cerimonia in piedi, spalle all'altare,
macchina fotografica in pugno e il tentativo di far sorridere il neo
battezzato, persino ricorrendo - nel silenzio generale - a rumorose e
intollerabili pernacchie.
Che
Dio perdoni anche lui.
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