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L'intensità
di questa domenica, con la canonizzazione di Giovanni XXIII e Giovanni Paolo
II, non può concludersi con un semplice bilancio della giornata.
Non
può bastare pensare allo svolgimento della cerimonia, alle emozioni vissute in
un preciso istante o all'eco provocata dai media di tutto il mondo.
La
Chiesa non riconosce la santità per creare eventi liturgici o per aumentare le pagine del Martirologio romano bensì per indicare la traccia di un cammino che possa essere seguito da ognuno
di noi.
Un
punto di partenza può essere quello di capire chi sono per noi i santi, nella
nostra vita e nel percorso di maturazione della nostra fede.
Credo
che un aiuto per comprendere il loro significato più profondo stia in questa
straordinaria riflessione dell'allora cardinale Joseph Ratzinger della quale, ancora una volta, possiamo fare gran tesoro:
"un
santo è un uomo che non blocca lo sguardo verso la luce di Dio con l’ombra del
suo essere personale, ma che invece, attraverso la purificazione della sua esistenza,
è diventato una specie di finestra che, da questo mondo, ci lascia vedere la
luce di Dio […].
I
santi non ci allontanano da Cristo, ma ci conducono a lui; e noi abbiamo
bisogno di loro perché i
nostri piedi sono troppo stanchi e i nostri occhi troppo deboli, perché
possiamo da soli riconoscere il
fine ed essere capaci di percorrere la strada che vi conduce".
(Passo tratto dalla
prefazione a "Santi e Santità dopo il Concilio Vaticano II. Studio
teologico liturgico delle orazioni proprie dei nuovi Beati e Santi, di Flavio
Peloso, C.L.V. Edizioni Liturgiche, Roma 1991)
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